Sono stati spesi 800mila euro per fornire alla Polizia di Stato 1300 giubbotti antiproiettile, ma l’investimento si è rivelato un flop. Il materiale in dotazione non ha superato i test balistici: non regge a pallottole e lame, da cui gli agenti dovrebbero proteggersi indossandolo. I sottocamicia non avrebbero retto a eventuali colpi o a tentativi di accoltellamento. L’indiscrezione paradossale è stata riportata da Il Giornale, secondo cui i giubbotti antiproiettile non avrebbero superato tre su tre dei test previsti. A volte le ditte dopo essersi aggiudicati la gara utilizzano materiali più scadenti e sembra essere questo il caso…
Tutto sembrava andare bene e, infatti, gli agenti erano entusiasti per il cambio del materiale voluto anche dal capo della Polizia, Franco Gabrielli. Spesso sono, infatti, costretti a lavorare con giubbotti antiproiettile con piastre balistiche scadute, con caschi datati e non più a norma e armi, come gli M-12, addirittura degli anni Settanta. Il lavoro svolto dalla ditta italiana, che ha collaborato con una seconda società estera, però non è stato affatto soddisfacente. Ora bisognerà indire un nuovo bando, con ulteriore spreco di soldi pubblici, per rimettere l’offerta sul mercato.
La questione era stata già sollevata l’anno scorso dal Coisp, uno dei sindacati di Polizia, che parlava di «gravissime anomalie tecnico logistiche, giubbotti antiproiettile che si bucano in sede di collaudo e kit antisommossa che devono essere aggiustati con un cacciavite». In quell’occasione il ministero dell’Interno aveva risposto affermando di «aver distribuito 2.512 giubbotti marca Nfm e 3.427 marca Grassi» e che le prove balistiche avevano avuto «esito positivo». Peccato che la ditta Nfm sia bandita dalle gare dell’Esercito svedese per falsificazione documentale… E allora ci si chiede per quale motivo ci si affidi a ditte che forniscono già materiale balistico alle polizie estere e soprattutto di qualità, in modo tale che anche la vita di chi deve proteggersi non sia a rischio.