È Gualtiero Bassetti il candidato favorito per la nuova presidenza della Cei: ormai son tutti concorsi che sarà l’arcivescovo di Perugia il prossimo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, non solo per aver ottenuto il maggior numero di voti. La vicinanza e la stima di Papa Francesco, oltre che la trasversale concordanza dei vescovi italiani, fa di Bassetti su Brambilla e Montenegro il vero e unico favorito come successore di Bagnasco. Il presidente uscente, dopo di 10 di sfide e guida della Chiesa Italiana, si è lasciato con l’Assemblea con un lungo e interessante discorso sui problemi ancora presenti oggi nella comunità italiana ed europea, indicando le prossime sfide per la Chiesa del 21esimo secolo. «Sul piano sociale si sentono sostanzialmente abbandonate: sono urgenti politiche familiari consistenti nelle risorse e semplici nelle condizioni e nelle regole. Non sostenere la famiglia è suicida».



In questo senso, per Bagnasco, è parte integrante anche il sostegno alla scuola paritaria, «puntualmente messo in discussione da un pregiudizio ideologico: eppure, nella laica Europa questi muri sono caduti, per cui si riconosce il valore culturale della scuola paritaria nell’assicurare la memoria dei nostri Paesi, come pure la stessa ricchezza che ne deriva per la libertà educativa e il pluralismo».



Si sono concluse le votazioni all’assemblea della Cei per eleggere il nuovo presidente della Conferenza Episcopale Italiana: come riporta Vatican Insider, il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia, è stato il primo eletto con 134 voti dai colleghi prelati. Dietro di lui il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, e l’Arcivescovo di Agrigento, Cardinal Francesco Montenegro. Sono questi i tre nomi che ora vengono consegnati a papa Francesco per la decisione finale in merito al nuovo presidente Cei. Pare a questo punto quasi scontata l’elezione di Bassetti, vista la grande stima del Pontefice per l’arcivescovo di Perugia, appena riconfermato alla guida della città nonostante i raggiunti limiti d’età (75 anni). È il più votato e il preferito dal Papa, difficile dunque che vi siano altri nomi tra Gualtiero Bassetti e il ruolo di successore ad Angelo Bagnasco alla guida della Chiesa Italiana. 



Strano e ironico l’atteggiamento di Papa Francesco nei confronti dei vescovi italiani impegnati questa mattina nelle prime votazioni per eleggere la terna del Nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Nel chiudere ieri il colloquio a porte chiuse con tutti i vescovi italiani ha sottolineato con il sorriso tra le labbra, «Io posso anche rimandare indietro la terna». Questo perché, come noto, Papa Francesco avrebbe voluto che i porporati eleggessero la loro guida come accade in tutte le altre Conferenze Episcopali del mondo: la decisione invece della Cei ha trovato una via mediana, con la terna nominata da loro e poi la scelta finale che resta al Papa.

Per questo allora Bergoglio ha voluto ironicamente ma comunque affermandolo, far capire che a quel punto eserciterà le sue funzioni fino in fondo, non per forza accettando la terna in votazione in queste ore. Come riporta Vatican Insider questa mattina, «Le votazioni per individuare i tre nomi si terranno separatamente e ciascuno di essi deve ottenere la maggioranza assoluta. Non sono state avanzate candidature ufficiali».

Con la prolusione ieri si è aperta la 70esima Assemblea Generale della Cei, impegnata tra gli altri odg ad eleggere principalmente il nuovo Presidente successore di Angelo Bagnasco. Nella mattina di oggi invece si terranno le prime votazioni per la “terna” di candidati che poi lo stesso Papa Francesco dovrà ridurre ad un solo per poter nominare la nuova guida della Chiesa Italiana: in attesa di ricevere novità sui candidati e gli aggiornamenti ufficiali dalla sede del Conclave in Vaticano dove si tiene quest’anno l’assemblea generale.

Ieri Papa Francesco ha indicato nel lungo discorso scritto e offerto ai vescovi italiani la sua speciale “linea” di rilancio per la Chiesa italiana e non nei prossimi anni. «Forse anche noi talvolta cerchiamo di far convivere la fede con la mondanità spirituale, la vita del Vangelo con logiche di potere e di successo, forzatamente presentate come funzionali all’immagine sociale della Chiesa», scrive il Santo Padre, avvertendo del rischio pericoloso di una doppia “servitù” anche alla mondanità. «Il tentativo di servire due padroni è, piuttosto, indice della mancanza di convinzioni interiori. Impariamo a rinunciare a inutili ambizioni e all’ossessione di noi stessi per vivere costantemente sotto lo sguardo del Signore, presente in tanti fratelli umiliati: incontreremo la Verità che rende liberi davvero». In un altro passaggio Papa Francesco ha osservato come le «nostre infedeltà sono una pesante ipoteca posta sulla credibilità della testimonianza del depositum fidei, una minaccia ben peggiore di quella che proviene dal mondo con le sue persecuzioni».

Bergoglio ha preferito però tenere poi anche un discorso più breve e a braccio, dove ha illustrato la volontà di dialogare continuamente con la Cei e con il suo futuro presidente: «meglio un dialogo sincero. Si domandano le cose chiaramente. Senza paura. Quando quello che presiede non permette il dialogo regna il chiacchiericcio. E io sono disposto a sentire opinioni non piacevoli a me, sono qui come servo dei servi di Dio».

Con la nuova formula di elezione del nuovo Presidente Cei, la forma non si è discostata di molto dal passato dei rapporti tra Chiesa e Cei: il Papa in Italia ha sempre avuto un ruolo di particolare presenza nella scelta del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a differenza di quanto accade nel resto del mondo. Anche con la nuova “terna” non cambierà il canovaccio, con Papa Francesco comunque orientato poi a scegliere un uomo che possa garantire quella riforma strutturale che a più riprese Bergoglio ha già annunciato in questi primi anni di Pontificato.

Un caso su tutti, il numero delle diocesi (e quindi conseguenti vescovi) in Italia: son 226, considerate troppe da alcune parti della Chiesa, semplicemente “tante” da Papa Francesco che però potrebbe a questo punto orientarsi verso un nome di “strappo” alla guida della Cei per provare a diminuire la grande frammentazione socio-geografica della chiesa italiana. Come riporta il Foglio, nel 1968 la Congregazione per i vescovi presentò un piano di riduzione delle diocesi ma 70 votarono contro, 51 espressero riserve e 169 (non bastevoli) votarono a favore. Con il nuovo presidente Cei da eleggere nelle prossime ore, si tornerà all’antico progetto?