Si torna a parlare di Alberto Stasi, il giovane condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’uccisione della fidanzata Chiara Poggi, nell’ambito di quello che fu ribattezzato delitto di Garlasco. L’occasione è stata data dalla presentazione di un ricorso straordinario in Cassazione da parte della difesa del giovane bocconiano contro la sentenza di condanna emessa nel 2015. L’atto è stato firmato dallo stesso Alberto Stasi lo scorso 3 dicembre e parla di “errore di fatto” per una “svista” da parte della Suprema Corte. Secondo la difesa, l’errore sarebbe da rintracciare nel fatto che nel processo d’Appello bis non fu tenuto conto della presenza di altri testi che quindi non furono mai sentiti. Come rivela Corriere.it, il caso sarà discusso il prossimo 27 giugno. Nel ricorso straordinario, il giovane condannato per l’omicidio di Garlasco avvenuto il 13 agosto 2007 ed il suo legale difensore, l’avvocato Angelo Giarda, ribadiscono l’esistenza di circa una ventina di prove portate in Appello tra cui le testimonianze dei periti in riferimento alla presenza del Dna di Chiara Poggi sui pedali della bicicletta di Stasi e sugli accertamenti da parte della Scientifica riguardanti il dispenser del sapone, la collocazione temporale della morte della ragazza, lo stato di essiccazione del sangue nella villetta teatro del delitto. Ed ancora, gli accertamenti condotti sulle suole delle scarpe di Alberto e la possibilità di eventuali residui di sangue nella sua auto. Alcuni testi, inoltre, non furono mai riconvocati, come ad esempio Franca Bernani, vicina di casa della famiglia Poggi ed il medico del 118.
La difesa di Alberto Stasi, nel documento del ricorso parla di “errore materiale”, intendendo “una disattenzione di ordine meramente percettivo (errore di fatto) causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso o degli atti cui lo stesso faccia specifico e puntuale riferimento”. Sempre secondo i difensori del ragazzo condannato, l’errore sarebbe stato così evidente da parte dei giudici della Suprema Corte che, nonostante la lettura della sentenza della Corte d’Assise non furono riprese le prove citate in primo grado. A tal fine, secondo Stasi ed il suo avvocato, sarebbe mutato anche l’esito decisorio della condanna. Nel corso dell’appello bis, denunciano infine, non furono dibattute le testimonianze del primo grado, e questo sarebbe l’aspetto ora fortemente contestato ed oggetto di ricorso.