“Cosa dicono gli islamici moderati davanti agli attentati jihadisti?”; oppure, “il terrorismo è figlio del fanatismo politico, la religione non c’entra niente”. Ecco, se è permesso dirlo senza essere presi per matti, oltre all’ovvio dolore e pugno nello stomaco ogni qualvolta un attentato come quello di Manchester avviene nelle nostre giornate, dovunque in qualsiasi parte del mondo, un’altra cosa di cui faremmo volentieri a meno è la “tiritera” e dibattito mediatico tutte le volte che avvengono episodi terroristici del genere. Quelli che “gli islamici sono tutti terroristi” e quelli “non c’è nessun problema nell’Islam in sé”: come avrete capito, non piacciono neanche a noi gli estremismi “mediatici” come questi. Eppure questo non toglie che il problema legato a doppio filo tra religione musulmana e jihad è un tema da non poter eludere.



Oggi in prima pagina su La Verità di Maurizio Belpietro un interessante articolo di Francesco Borgonovo riporta all’attenzione l’intervento di un ex jihadista pentito: tal Maajid Nawaz è un britannico pakistano per anni inserito in un gruppo fondamentalista islamico, h passato anni di carcere ma si è convertito e ravveduto, fondando Quilliam, organizzazione che combatte l’estremismo islamico in Inghilterra.



Ebbene, sentite cosa dice: «ci sono gli jihadisti nell’Islam, ma ci sono anche gli islamisti ovvero coloro che intendono imporre una particolare intercettazione dell’Islam sulla società». Su questi in particolare si concentra l’analisi di Nawaz che porta anche dei numeri esemplificativi e da tenere sott’occhio, anche se da prendere con le pinze: «il 25% degli islamici a livello mondiale è estremista, o jihadista o islamista, e non solo oltre a questi c’è una larga platea di musulmani conservatori, i cosiddetti fondamentalisti».

Insomma, un fanatismo a largo raggio che porta all’attenzione come dietro alle folle di Allah che giustamente piangono le vittime del terrorismo internazionale, dalla Francia al Belgio fino a Manchester se ne sono visti tanti in piazza a manifestare contro Isis e Al Qaeda, vi siano anche una fetta purtroppo non isolata di estremisti. Come ha riporta Rita Katz, direttrice del sito di intelligence anti-terrorismo “Site”, dopo l’attentato di Manchester son state tante le scene di giubilo e felicità per quanto avvenuto: «pare che le bombe sganciate dall’aviazione britannica contro i bambini di Mosul e Raqqa siano appena tornate indietro a Manchester» e cose del genere.



L’Isis è pericoloso, ma è altrettanto pericoloso ritenerli solo una minoranza (quali sono, intendiamoci) e basta, perdendosi tutto quell’alveo di estremismo silenzioso che si muove alle spalle dei terroristi e che diviene terreno fertile per nuove campagne fondamentaliste di proselitismo.

Ridere dei bambini ammazzati, delle stragi, di qualsiasi parte del mondo siano, per di più in nome di un dio, è tutt’altro che un fattore “folle”, ma rileva un lucido tentativo di conquista prima di tutto a livello culturale-sociale. Non fare “di tutta l’erba un estremismo” è necessario tanto quanto ritenere e chiamare per nome tutte quelle forme di terrorismo anche più “sottile”: proprio perché non ci piacciono gli estremi e gli estremisti, e in momenti difficili come questi, non abbandoniamoci a “facili” giudizi.