Terremoto politico, ancora una volta, con la corruzione nel mirino: Luigi Cesaro, deputato di Forza Italia, sta vivendo ore di ansia dopo l’arresto improvviso dei due fratelli imprenditori Aniello e Raffaello Cesaro, accusati di aver stretto un patto con un clan camorristico a Caserta (i “Polverino”). Il motivo è legato ad alcuni appalti ottenuti con intimidazioni mafiose e reimpiego delle risorse economiche provenienti dai grafici illeciti del clan mafioso campano. Accuse gravissime insomma quelle contro i fratelli del deputato, molto conosciuto in regione: cinque in tutto gli arrestati e inoltre sono stati confiscati beni per circa 70 milioni di euro. Le indagini sono scattati dopo il “piano di insediamento produttivo” in progetto dal comune di Marano (Napoli): come spiega il Tempo di Roma, «Il piano è un’importante infrastruttura per il rilancio dell’economia locale che prevede lavori per 40 milioni di euro e su cui aveva messo gli occhi il clan, egemone nell’area nord-occidentale di Napoli».
L’appalto presunto tra i fratelli di Cesaro e il clan dei Polverino è l’accusa principale su cui si regge l’impianto della procura di Napoli e nelle prossime ore verranno formalizzate anche eventuali accuse per Cesaro stesso, al momento fuori da ogni coinvolgimento personale.
Sono infatti alcune parole del collaboratore di giustizia Ferdinando Puca che rischiano di chiamare in causa anche Luigi Cesaro, oltre all’arresto dei fratelli imprenditori coinvolti in una presunta rete camorristica: da oggi loro sono in carcere con accuse di concorso esterno in associazione camorristica e riciclaggio per la realizzazione del Pip di Marano (costruito con materiali scadenti e con un collaudo, ottenuto con pressioni e documenti falsi, che non poteva essere certificato), riporta il Fatto Quotidiano. Pare che tutto questo sia avvenuto con la società dei Cesaro con Angelo Simeoli, detto ‘o bastone, elemento di punta dei Polverino: «Nel 2011/2012 fui convocato nuovamente questa volta proprio a casa di Luigi Cesaro che mi chiese ovviamente come esponente del clan Puca di “appoggiare” la campagna elettorale di una persona che loro portavano come Sindaco, tale Cristoforo, che noi chiamavamo Castiglione. Luigi Cesaro in quell’occasione mi diede 10 mila euro e mi disse specificatamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale», riportano gli stralci dei colleghi de Il Fatto (come sempre in possesso dei vari verbali degli interrogatori, ndr), dove emerge una visione assai diversa da quanto al momento è indicato dalla Procura. Luigi Cesaro e Forza Italiana campana ora rischiano, e bisognerà vedere se gli inquirenti verificheranno la possibile veridicità delle accuse pesantissime del pentito di Camorra. In quel caso da terremoto familiare potrebbe trasformarsi in autentica bufera politica, non solo regionale.