Ancora un drammatico fatto di Camorra in provincia di Napoli, avvenuto a Milito. Un ragazzino di 15 anni giudicato colpevole dell’uccisione di due coetanei, affiliati ad un clan che secondo il piccolo boss non rispettavano le regole e dunque dovevano essere eliminati. Un’agghiacciante storia di giustizia sommaria che ricorda gli scenari descritti da Roberto Saviano in “Gomorra”, che fanno però parte di una realtà alla quale ormai sembra difficile sfuggire. Figlio a sua volta di un boss, il quindicenne ha pianificato ed eseguito l’uccisione di Alessandro Laperuta e Mohammed Nuovo. Dopo l’agguato, il baby-boss era fuggito in motorino finendo però coinvolto in un’incidente. Fermato dalla polizia, le tracce di sangue non erano compatibili con lo scontro con lo scooter appena avvenuto, e fu facile ricollegare il ragazzo all’esecuzione a sangue freddo appena avvenuta.
Il Gip Pietro Avallone ha dunque disposto l’arresto del quindicenne. Il duplice omicidio è avvenuto in merito a tensioni nate nella piazza di spaccio gestita dal clan camorristico Amato-Pagano, che aveva guadagnato un ruolo di spicco anche grazie ad una ferrea organizzazione e disciplina. Organizzazione che Laperuta e Nuovo, secondo il boss quindicenne, avevano violato garantendosi un livello eccessivo di autonomia e, conseguentemente, di guadagni. Tensioni che erano salite fino al tragico epilogo in una palazzina di Melito, alla periferia di Napoli. Il quindicenne è salito fino al quarto piano del locale in viale Giulio Cesare ed ha provveduto all’esecuzione, uccidendo sul colpo Laperuta e infliggendo gravissime ferite a Nuovo, spirato poi la sera stessa in ospedale. Poi lo scontro con una Fiat Punto che è stato decisivo per la polizia per bloccare il baby-boss e far partire immediatamente le indagini che, dopo i fatti del 20 giugno dell’anno scorso, hanno portato ora all’arresto del quindicenne.