Il caso di Igor Vaclavic continua a caratterizzare buona parte della parentesi dedicata alla cronaca nera nel corso della puntata di oggi, con un’attenzione particolare a Marco Ravaglia, l’uomo scampato alla furia omicida del serbo 36enne fingendosi morto. Solo così, l’agente di polizia provinciale rimasto gravemente ferito è riuscito a salvarsi sebbene sia stato poi costretto a sottoporsi a numerose operazioni al braccio. Oggi, per la prima volta Marco Ravaglia è stato protagonista nell’ambito di una conferenza stampa dall’ospedale di Ferrara parlando davanti ai giornalisti. La conferenza è ancora in corso e l’uomo ha raccontato alla stampa quei terribili momenti in cui Igor Vaclavic, oggi super-ricercato, ha tentato di uccidere anche lui lo stesso giorno in cui ha tragicamente perso la vita l’amico Valerio Verri, guardia venatoria freddata a Portomaggiore, a distanza di una settimana dal delitto di Budrio. Le sue dichiarazioni in conferenza sono state registrate e saranno trasmesse nel corso della nuova puntata di Pomeriggio 5. All’incontro con la stampa erano presenti anche i figli dell’uomo che lo scorso 8 aprile si trovava vicino al Fiorino bianco, quando veniva ucciso Verri, amico della guardia uscita illesa. Agli inquirenti Ravaglia aveva raccontato che proprio mentre premeva il grilletto, il killer urlava “bastardo”.

La vera identità di Igor Vaclavic, il latitante super-ricercato da quasi due mesi e autore di almeno due delitti, tra cui quello del barista di Budrio Davide Fabbri e quello della guardia ecologica di Portomaggiore, Valerio Verri, era nota da tempo agli inquirenti. E’ questa l’ultima inquietante novità trapelata nelle ultime ore in merito allo spietato killer che continua a farsi beffa delle Forze dell’ordine, proseguendo senza sosta la sua folle fuga, probabilmente trovando rifugio nelle campagne ferraresi. A darne notizia è il quotidiano Il Resto del Carlino, che ha rivelato come il nome di Norbert Feher, dietro il quale ci sarebbe la vera identità del 36enne serbo, era nelle mani dei Carabinieri già dalla scorsa estate, quando cioè gli stessi militari avevano eseguito alcune indagini sul suo profilo Facebook, lo stesso poi venuto recentemente alla ribalta per i drammatici fatti di sangue. Erano i mesi di giugno-luglio 2016 quando gli inquirenti erano riusciti, proprio tramite il profilo social di Igor Vaclavic, a risalire al numero di cellulare dal quale accedeva al social network per postare alcune sue foto.

In quel periodo a cercarlo erano ancora soltanto i carabinieri di Ferrara poiché su Igor-Norbert pendeva un’ordinanza di custodia cautelare per una serie di rapine commesse nella medesima zona rossa nella quale oggi è ricercato non come ladro ma come pericoloso assassino. All’epoca gli inquirenti riuscirono ad individuare il telefonino intestato ad un pluripregiudicato ferrarese e ad accedere all’esame dei tabulati telefonici ma non riuscirono già in quel momento a catturare Igor Vaclavic, la cui identità rimase sempre la stessa anche sui documenti ufficiali. Solo dopo i due omicidi, infatti, il suo vero nome, Norbert Feher, comparve nelle carte del pm bolognese Marco Forte. La verità sarebbe contenuta nelle carte depositate dalla Procura e relative alla richiesta di custodia in carcere per il delitto di Davide Fabbri.

Mentre proseguono le operazioni di ricerca, aumentano le testimonianze di coloro che si sono imbattuti, ad oggi, nello spietato Igor Vaclavic. Oltre alle parole strazianti di Maria, la vedova di Davide Fabbri, il barista di Budrio freddato il primo aprile scorso, ci sono anche quelle di coloro che erano presenti nel locale al momento dell’agguato del serbo. Uno di loro è rimasto persino ferito dallo sparo esploso dal fucile di Igor-Norbert. Ancor prima di entrare nel bar, c’è chi lo aveva visto in sella ad una bicicletta, con il fucile in spalla e la giacca mimetica, trovando strano la presenza di un uomo che inizialmente ed erroneamente fu scambiato per un cacciatore. Un’ora più tardi, Igor aveva freddato la sua prima vittima facendo poi perdere le sue tracce. C’è poi la testimonianza del pakistano, aggredito dal latitante lo scorso 4 aprile mentre si trovava alla guida del suo furgoncino a Consandolo. In quell’occasione il killer impugnava un’accetta e lo intimava di consegnargli le chiavi del camioncino: “Ricordo che l’uomo nel momento in cui ingranavo la marcia e ripartivo, colpiva con l’accetta il mio veicolo”, ha fatto mettere a verbale il testimone. Poi però, di Igor Vaclavic si sono perse definitivamente le tracce, fino a trasformarsi in un vero e proprio fantasma.