Caro direttore,
ho letto la lettera di Mauro Leonardi, nella quale viene aspramente criticato l’intervento di mons. Luigi Negri sull’attentato terroristico di matrice islamista di Manchester. Non scrivo per difendere mons. Negri, il quale non ha certo bisogno di essere difeso dal sottoscritto, quanto per offrire un modesto contributo alla riflessione sulla drammaticità di quanto accaduto, evitando polemiche pretestuose.



Sono infatti rimasto molto colpito, negativamente, dal modo di procedere del signor Leonardi. Nel suo articolo la polemica è portata avanti senza prendere veramente in considerazione ciò che l’Arcivescovo emerito di Ferrara ha detto. Si preferisce la via dell’insinuazione, facendo riferimento alle parole pronunciate in altre circostanze da mons. Negri, a riguardo della rinuncia di Benedetto XVI, tra l’altro riportandole virgolettate ma sbagliate. Gli viene, infatti, attribuita questa frase: “gravissime pressioni frutto di un complotto”; tuttavia, basta andare a rileggere quanto dichiarato da mons. Negri per vedere che la parola complotto non compare. Si parla certamente di pressioni, ovvero di un attacco alla Chiesa e al Papa, anche di responsabilità dentro e fuori del Vaticano, ma non si insinua la mancanza di libertà nella decisione di Benedetto. Del resto non è stato il solo a parlare di pressioni; ad esempio nei giorni scorsi anche la rivista di geopolitica, Limes, con un articolo di Germano Dottori, lo ha fatto, affermando l’esistenza di “una campagna scandalistica, coordinata, di rara violenza e priva di precedenti, alla quale si sarebbero associate anche manovre più o meno opache nel campo finanziario”. Lo stesso vaticanista Andrea Tornielli, in passato, è stato fermamente convinto che la Chiesa fosse sotto attacco, tanto da pubblicare nel 2010, insieme a Paolo Rodari, un libro dal significativo titolo Attacco a Ratzinger. Accuse e scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI.



Ma non voglio entrare nel merito di questa complessa vicenda, ne ho parlato soltanto per sottolineare quanto poco c’entri tutto questo e quanto la realtà sia un po’ più complessa di come viene ridotta dal signor Leonardi con le sue insinuazioni.

Insinuazioni che continuano attraverso allusioni alla vecchiaia triste e rancorosa, quasi a dire che sarebbe questo il vero movente dello scritto di mons. Negri, oltre che la causa di una sua incapacità di parlare ai giovani. Chi lo conosce, sa come egli abbia dedicato gran parte della sua vita proprio ad annunciare Cristo ai giovani. Ma anche su questo non intendo soffermarmi, proprio perché sarebbe un parlare d’altro rispetto al tema in questione.



Intendo piuttosto soffermarmi sulle parole che hanno provocato l'”orticaria” della giovane interlocutrice di Leonardi.

Chi ha letto l’intervento di mons. Negri, cercando di capirlo, si è sicuramente accorto che l’accento duro e i toni ruvidi sono rivolti agli adulti e non a giovani. L’attacco è alla cultura nichilistica della quale è pervasa la nostra società e della quale i giovani sono vittime. I giovani non sanno perché vivono, non perché sono disinteressati e annoiati come spesso vengono descritti, ma perché tutto il conteso che li circonda mette a tacere il desiderio di verità, di bene e di felicità che urge ed è presente nel cuore di tutti gli uomini. È per questo stesso motivo che il male deve essere anestetizzato, anche quando irrompe in modo così tragico, apparentemente senza senso. Parlare del male, per quello che è effettivamente, implicherebbe riaprire, almeno come grido, come domanda, il desiderio di bene e di redenzione costitutivo dell’uomo. I giovani sono le vittime di una cultura dominante che riduce questo desiderio di bene a benessere, a sentimentalismo. Denunciare questo è offensivo nei confronti dei giovani? Non significa piuttosto schierarsi dalla loro parte? Prenderne le difese?

Come insegnante, che ha a che fare tutti i giorni con ragazzi, penso che sia importante aiutare i giovani ad andare oltre alla reazione emotiva, che può esprimersi con la forma dell'”orticaria” delle quale parla Leonardi; aiutarli cioè a riappropriarsi della vita, nella sua drammaticità, nella grande domanda di senso che essa è. Nella mia storia, proprio quando ero ragazzo, ho avuto la fortuna (si potrebbe dire più correttamente la Grazia) di incontrare adulti che hanno saputo mostrarmi la bellezza di una vita piena di senso, unica vera alternativa a una vita affannosamente spesa in quello che Pascal chiamava divertissement, ovvero la continua ricerca di distrazione per non pensare al grande mistero che ciascuno è a se stesso. 

Se è vero che non bastano le parole cristiane per stare di fronte a quanto accaduto a Manchester, come scrive lo stesso Leonardi in un altro suo articolo, ancora meno basta la retorica alla quale assistiamo in queste circostanze, denunciata in tutta la sua superficialità da mons. Negri (“Non dimenticheranno di mettervi sui marciapiedi i vostri peluche, i ricordi della vostra infanzia, della vostra prima giovinezza. E poi tutto sarà archiviato nella retorica di chi non ha niente da dire di fronte alle tragedie perché non ha niente da dire di fronte alla vita”). Tale denuncia è chiaramente un modo per invitare tutti noi a non accontentarci di false soluzioni al dramma della vita e della morte e, allo stesso tempo, ad aprirci alla possibilità di cercare il vero senso della vita. Per un cristiano, esso certamente non si trova nelle “parole cristiane”, ma nella presenza di Cristo stesso, annunciata e incarnata nella Chiesa, come mons. Negri ha testimoniato e continua a testimoniare con tutta la sua vita.

Infine, un’ultima considerazione su quanto totalmente ignorato da Leonardi: la denuncia dell’altro grande nemico che, in modo diverso dalla mentalità dominante, ma altrettanto minaccioso e nichilistico, colpisce la nostra Europa e tanti cristiani, martirizzati nel resto del mondo. Si tratta dell’islamismo. Non intendo certo offrire una lettura o un tentativo di spiegazione del fenomeno, ma semplicemente osservare che quanto mons. Negri ha messo in evidenza, denunciando tra l’altro una certa miopia o censura degli intellettuali occidentali, che non vedono o non voglio vedere tale minaccia, proprio recentemente, è stato richiamato dallo stesso Benedetto XVI. Parlando della difficile situazione dello stato, nell’Europa dei nostri giorni, si è espresso in questo modo: “Il confronto fra concezioni radicalmente atee dello stato e il sorgere di uno stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici conducono il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno. Questi radicalismi esigono urgentemente che noi sviluppiamo una concezione convincente dello stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle” (Messaggio al Simposio “Il concetto di Stato nella prospettiva dell’insegnamento del Cardinal Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”, organizzato dalla Conferenza Episcopale polacca, 15 aprile 2017). 

Credo che i fatti di Manchester rientrino a pieno nelle “conseguenze” delle quali parla Benedetto XVI e che le parole di mons. Negri, non solo non siano inappropriate, ma possano essere un aiuto importante a prendere coscienza fino in fondo di tale “situazione esplosiva”, per poter stare veramente di fronte a “queste sfide”, cercando di “superarle”.