Non sarebbe passata inosservata l’assenza dei genitori di Valerio Andreucci, presunto assassino di Olindo Pinciaroli, durante i suoi funerali andati in scena nei giorni scorsi. Una scelta precisa, in merito alla quale Nicola Pacetti, socio della vittima e con il quale Olindo avrebbe dovuto aprire un maneggio il prossimo mese, si è limitato a commentare, al Corriere Adriatico online: “Non hanno cercato i familiari di Olindo”. I funerali si sono svolti in modo composto con la partecipazione di tutta la comunità che ha sempre riservato parole di estrema stima nei confronti del 53enne ucciso a coltellate a Osimo due domeniche fa. L’amica Laura ha approfittato di questa occasione di raccolta per dedicare a Olindo una toccante lettera nella quale ha voluto evidenziare tutto l’amore della vittima per i cavalli: “Grazie Olindo per la tua completa disponibilità, giorno e notte, ogni giorno dell’anno. Grazie per tutti i cavalli che hai medicato, curato e salvato, mettendoci il cuore”, ha scritto. Parole cariche di dolore ma anche tante stima per colui che per Montelupone resterà “per sempre il nostro grande veterinario”.
Nei giorni scorsi si sono svolti i funerali di Olindo Pinciaroli, il povero veterinario 53nne ucciso con 15 coltellate lo scorso 21 maggio. Gli inquirenti non avrebbero dubbi sulle responsabilità del giovane collaboratore 24enne, attualmente in carcere. Come rivela CorriereAdriatico.it, per l’ultimo saluto alla vittima sono state scelte una carrozza d’epoca e una quadriglia di equini. Gli amici conoscevano bene le sue passioni, e nel giorno più triste hanno commentato: “Lui se ne sarebbe voluto andare via così: a cavallo”. Familiari, amici e conoscenti hanno così omaggiato, con questo gesto speciale, il veterinario ucciso in modo violento mentre si trovava nell’ambulanza diretto a Osimo. A partecipare all’ultimo saluto è stata l’intera città scossa dall’assurda ed ancora inspiegabile tragedia. Anche nel corso dell’omelia, il parroco ha ripreso il Vangelo commentando la drammatica vicenda: “Si è fatto buio nella città di Montelupone, questa morte ci lascia sgomenti, immersi nel dolore: abbiamo bisogno di una parola di vita”. In prima fila, ad accompagnare il feretro, la moglie Patrizia, le sorelle Anna e Lina, e i nipoti. Assente invece la piccola figlia di 5 anni la quale sarebbe ancora all’oscuro di quanto accaduto al padre. Una morte troppo dolorosa e difficile da spiegare ad una bambina alla quale Olindo Pinciaroli era particolarmente legato.
Un delitto premeditato e quasi certamente voluto con disperazione, quello che si è consumato lo scorso 21 maggio a Osimo, a scapito di Olindo Pinciaroli, il veterinario ucciso. E’ quanto emerge dalle ultime indiscrezioni raccolte dagli inquirenti e diffuse da CorriereAdriatico.it, in riferimento alla posizione del presunto assassino (non avrebbe ancora confessato), il giovane collaboratore della vittima, Valerio Andreucci. Stando a quanto emerso, infatti, l’intento di eliminare per sempre Olindo, uccidendolo con 15 coltellate ed infierendo su di lui fino al “colpo di grazia” che ha raggiunto il cuore e perforato un polmone, era trapelato già quattro ore prima dell’atroce delitto. “Lo ammazzo, ti giuro”, scriveva il 24enne in un sms indirizzato agli amici, con l’intento di cercare dei complici in vista della sua spedizione punitiva e definitiva. “Vieni su con me”: così Valerio incitava un amico, tale Andrea. Dopo l’uccisione violenta di Olindo Pinciaroli, suo datore di lavoro, il giovane decise di darsi ad una fuga terminata poche ore dopo.
Quanto basta per chiedere consigli su come sbarazzarsi del cadavere del veterinario, tanto da far presente di trattarsi di una richiesta seria: “Dove si può nascondere un corpo? Non sto scherzando”. Sono almeno tre gli interlocutori con i quali Valerio Andreucci, giovane fantino con la passione per i cavalli, colloquiava la notte tra sabato 20 e domenica 21 maggio scorsi tramite Whatsapp, per poi riprendere a scrivere dopo le 9:30, ovvero negli attimi immediatamente successivi al delitto di Osimo. Gli inquirenti hanno già esaminato i tabulati e le celle telefoniche, confermando come tutti i soggetti destinatari dei messaggi scritti dal ragazzo ora in arresto con l’accusa di omicidio volontario non fossero in provincia di Ancona. Non sempre i suoi amici rispondono alle richieste di Andreucci che, in quei convulsi attimi annuncia addirittura di uccidersi. E da quelle conversazioni, secondo gli inquirenti, sarebbe emerso anche il movente dietro l’inquietante uccisione di Olindo Pinciaroli.
Uno degli amici di Andreucci avrebbe tentato di dissuaderlo dal compiere gesti estremi, ma il giovane ascolano, presunto responsabile dell’omicidio di Osimo, ammette di non avere altra scelta. “Non posso sta’ tranquillo, lo capisci? Io lo faccio fuori”, replica. Parole che lasciando intendere come Olindo Pinciaroli forse sapesse qualcosa di troppo sul suo conto e temesse in una denuncia imminente. Secondo gli inquirenti potrebbe essere di natura economica il movente, forse in seguito alla sottrazione di denaro da parte del fantino per far fronte ai suoi debiti, probabilmente legati alla droga. E’ stato lo stesso Valerio Andreucci, davanti al gip, ad ammettere di aver fatto uso di cocaina la notte tra il 20 ed il 21 maggio. Un’ipotesi avallata anche da uno dei tanti messaggi inviati dal presunto killer e ripescati dal consulente tecnico della procura: “Io sto andando su. Ho preso i miei soldi. Via Striscioni, 52. Ho lasciato nascosti dove lavoro 10.000 euro. Di quei soldi, i soldi che ti devo, e il resto è tutto per te fratello mio”, scriveva il 24enne.
Poi, come una sorta di ultimo saluto o macabro testamento, ecco spuntare un successivo messaggio: “Io spero ti ricorderai di me come un fratello maggiore che ti ha voluto tanto bene. Sto andando su con il ferro. E lo faccio fuori. Poi mi ammazzo io”. Il messaggio è stato inviato via Whatsapp ad un amico. Poi il delitto non ancora confessato, quella breve fuga ed infine l’arresto. Si conclude così un caso inquietante con ancora alcuni lati da chiarire ed il dubbio legato a ciò che Olindo avrebbe potuto sapere al punto da rovinare il suo collaboratore, ora definitivamente in trappola.