È in corso oggi l’udienza a Milano del processo contro Totò Riina (boss di Cosa Nostra ora in carcere), per le minacce lanciate nel 2013 contro Don Luigi Ciotti, sacerdote siciliano e fondatore di Libera (associazione che combatte le cosche mafiose). L’udienza di oggi si tiene davanti al gip Anna Magelli che «si è riservata di decidere sull’opposizione all’archiviazione dell’inchiesta aperta dopo che le intercettazioni del dialogo, depositate nel processo Stato-Mafia, sono state trasmesse alla magistratura milanese per competenza», riportano le fonti del Corriere della Sera. Fuori dall’aula il sacerdote leader nella lotta alla Mafia – ricordato anche in questi giorni di celebrazioni in memoria per i 25 anni degli attentati a Falcone e Borsellino – ha aggiunto come le varie minacce ricevute dal boss e “Capo dei Capi” non lo intimoriscono: «Le minacce di morte di Toto Riina? Non ho paura. Il nostro cammino non si ferma, andiamo avanti».



Nel procedimento spostato a Milano per motivi di competenza territoriale – le parole di Riina arrivarono mentre era in carcere ad Opera, nella provincia milanese, lo scorso settembre 2013 – è stata richiesta un’archiviazione che ovviamente Libera e Don Ciotti non condividono. «Riina sa come mandare i messaggi fuori dal carcere. Le parole di Riina non sono le parole di uno qualsiasi. Lui resta un simbolo per i mafiosi e anche i suoi silenzi hanno un significato», ha chiosato il prete fuori dal Tribunale di Milano.



Parole orribili, minacce e inquietanti scenari possibili: le intercettazioni del lontano settembre 2013 captate a Totò Riina mostrarono una volta di più la centralità di questo ormai vecchio boss della Mafia che ha sulla coscienza una stagione di stragi da far impallidire qualsiasi criminale. «Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi». E deve fare la stessa fine: «Ciotti, Ciotti, putissimu pure ammazzarlo». Padre Pino Puglisi, sacerdote che combatté la mafia nei quartieri più malfamati della Sicilia e ucciso per ordine dei boss corleonesi nel 1993. Don Ciotti compie la stessa battaglia, sul tema delle confische e dei beni tolti alla Mafia con la sua associazione Libera: le parole dette dal boss in carcere mentre passeggiava nella sua ora d’aria con un altro boss, della Corona Sacra Unita pugliese, Alberto Lorusso, sono terribili. «l quartiere lo voleva comandare iddu – dice Riina di don Puglisi, con tono di disprezzo – Ma tu fatti il parrino, pensa alle messe, lasciali stare… il territorio… il campo… la Chiesa… lo vedete cosa voleva fare? Tutte cose voleva fare iddu nel territorio… tutto voleva fare iddu, cose che non ci credete». Dà fastidio la Chiesa che tenta di costruire una visione e un’educazione diversa nella gente, nei più poveri e più ricattabili dalla Mafia. «È malvagio, è cattivo ha fatto strada questo disgraziato»: no, non sono parole di Don Ciotti riferite a Riina, ma l’esatto contrario. Lui, il boss che si “preoccupa” di cattiveria; e nel suo codice d’onore, forse ordina anche l’assassinio. Per fortuna non c’è stato, e su questo processo si prova a farne luce maggiore. 

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