Si torna a parlare dell’omicidio del piccolo Jason, il bimbo di due mesi scomparso da Folignano nel giugno 2011 e per la cui uccisione furono condannati i due genitori (il corpo non fu mai trovato). La madre Katia Reginella, attualmente detenuta nel carcere di Teramo, dopo la condanna a 18 anni passata in giudicato, si è rivolta nuovamente alla Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo in seguito alle “torture” che avrebbe subito. La donna è accusata di omicidio volontario aggravato del figlioletto, in concorso con il marito Denny Pruscino, condannato all’ergastolo. Il suo legale, l’avvocato Vincenzo Di Nanna, come riporta Leggo.it, ha equiparato a vera “tortura” le tecniche degli interrogatori ai quali la sua assistita si sarebbe sottoposta. A sua detta, sarebbero state commesse delle gravi violazioni del diritto alla difesa nel corso del processo a carico di Katia Reginella. Tra gli esempi di violazione, anche il fatto che la stessa magistratura abbia ignorato le certificazioni sulla condizione psicologica dell’imputata, la quale sarebbe affetta da un importante ritardo mentale. Questo avrebbe fatto venire meno, in favore dell’accusata, del diritto ad un equo processo al punto da sottoporre la donna ad “un interrogatorio-tortura”, come denunciato dal suo difensore.



I pm, sempre secondo le dichiarazioni dell’avvocato Di Nanna, si sarebbero sempre opposti ad una perizia psichiatrica a carico dell’imputata e questo non avrebbe permesso di accertare le reali condizioni psichiche della donna. “Solo dopo due anni, la Corte d’Assise di Macerata scopre d’aver sino a quel momento processato una persona con un significativo ritardo di mente”, ha aggiunto il suo difensore. Di fatto, la prima perizia stabilì che Katia Reginella non era imputabile né capace di partecipare coscientemente ad un processo. Di parere opposto fu la seconda perizia disposta dalla Corte d’Assise che, pur riconoscendo la diagnosi di ritardo mentale ha invece definito la donna imputabile e capace di partecipare al processo a suo carico. Di fronte a ciò, il suo avvocato si è posto delle domande, tra cui come possa, una donna alla quale è stato riconosciuto un ritardo mentale, mimare con un bambolotto l’omicidio del figlio, come richiesto dai pm in sede di interrogatorio? Un’azione che, sempre secondo la sua difesa, sarebbe stata eseguita dal marito condannato all’ergastolo. “La singolare procedura d’interrogatorio rappresenta una sicura e grave offesa alla dignità umana”, ha chiosato l’avvocato, ricordando le motivazioni per le quali sarà avanzato ricorso alla Corte europea di Strasburgo.

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