I bambini italiani non giocano più: l’allarme è stato lanciato da un dossier realizzato per indagare sulla forma fisica degli studenti. La situazione è critica e sta peggiorando di anno in anno: sei 15enni su dieci non hanno forza nelle braccia e dimostrano poca resistenza. Continuando così i bambini italiani raggiungeranno il grado zero delle capacità motorie. Il gioco è una componente fondamentale dello sport, ma se l’attività fisica nelle scuole viene meno a farne le spese non è solo l’aspetto ludico, ma pure quello fisico. Lo testimonia anche uno studio dell’Istituto regionale ricerca educativa del Lazio, secondo cui la resistenza di un adolescente italiano sta calando dell’1% l’anno dal 2005.



Fare la capriola è un problema serio per i bambini italiani: due ragazzi su tre in prima media non sanno eseguire una capovolta in avanti, mentre prima si apprendeva giocando. «Doverla insegnare a ragazzi di 11-12 anni che pesano già 40 chili significa recuperare un ritardo», ha dichiarato Sergio Dugnani, docente di Scienze del Movimento all’Università di Milano, al Corriere della Sera. La scomparsa del gioco ha prodotto danni incalcolabili per Annalisa Zapelloni, decano dei docenti di educazione fisica romani: «Chi non si è mai arrampicato su un albero o su un muro non ha forza nelle braccia e nelle gambe ed è privo del senso dell’equilibrio». Ci sono poi quindicenni che non sanno andare in bici, che non corrono e camminano poco. «Il livello di mineralizzazione delle ossa si abbassa: non è un caso che a scuola tanti ragazzi siano perennemente infortunati. La loro muscolatura è così poco tonica da creare problemi di postura: dopo pochi minuti in piedi devono sedersi. Sono stanchi», Mario Bellucci, tra gli autori dello studio.



In Italia, dunque, stanno crescendo adolescenti con il fisico da anziani e lo Stato non sembra interessato ad affrontare il problema. Rincorrersi, saltare la corda, lanciarsi la palla erano abitudini di un tempo, sostituite ora dall’immobilità dell’appartamento e del videogioco. C’è però chi punta il dito sulla qualità dei laureati in Scienze Motorie: «Nel vecchio Isef si entrava per concorso in base alle capacità atletiche. E dopo tre anni di ginnastica artistica eri pronto a far fare capovolte e salti mortali a un bambino, anche perché sapevi eseguirle tu stesso. Oggi a Scienze Motorie si accede con una batteria di quiz. Ginnastica artistica è materia facoltativa», continua Sergio Dugnani. Una risposta spontanea a questa situazione è rappresentata dai centri di rieducazione motoria: ricreano spazi che in città non esistono più e offrono ai bambini la possibilità di fare attività fisica.

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