Sono ancora tanti i punti oscuri relativi alla morte di Aldo Moro. Di chi sono le responsabilità, oltre alle Brigate Rosse? Per il giornalista Giorgio Balzoni, autore del libro “Moro il professore”, c’è molto di cui ancora non sappiamo nulla: «Sono convinto che all’interno del piano delle Brigate Rosse i terroristi ad un certo punto siano stati sollevati in qualche modo dall’incarico e qualcun altro abbia preso le decisioni definitive, e in queste vedo alcune parti dei servizi segreti deviati e vedo anche una parte della P2». Balzoni fu allievo proprio di Aldo Moro all’Università di Roma: all’epoca era ministro degli Esteri, ma non saltò mai una sola lezione, anzi restava a chiacchierare con i suoi alunni. Il giornalista, come riportato da Radio Vaticana, ha spiegato che Aldo Moro cercava di disegnare un nuovo sistema politico: «Governare significa fare tante singole cose importanti ed attese, ma nel profondo vuol dire promuovere una nuova condizione umana». (agg. di Silvana Palazzo)



A 39 anni dall’assassinio di Aldo Moro, lo statista della DC ucciso dalla Brigate Rosse il 9 maggio del 1978, la verità su quell’esecuzione appare ancora lontana. Su impulso del presidente della Commissione d’inchiesta sul rapimento e la morte di Moro, Giuseppe Fioroni, il Racis (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche) ha effettuato una serie di esami con tecniche innovative dalla quale sono emerse diverse discrepanze sul racconto che i brigatisti fecero sull’assassinio del politico democristiano. La prima riguarda la Renault 4 rossa all’interno della quale venne fatto ritrovare il corpo senza vita di Moro in via Caetani, a pochi passi dalle sedi del Pci e della Dc. Portando una macchina del tutto simile a quella ritrovata 39 anni fa all’interno del box dove secondo la versione dei brigatisti sarebbe stato ucciso Moro, il Racis ha riscontrato l’impossibilità di chiudere la porta del garage alle spalle: per farla breve, la Renault 4 rossa non entrava nel box. Possibile che le BR abbiano avuto modo di sparare a Moro, di passarsi il fucile l’un l’altro, senza essere visti da nessuno? E se così fosse, è verosimile che nessuno abbia sentito nulla?



Usando le stesse armi utilizzate per l’omicidio, i carabinieri hanno affermato di aver sentito un rumore simile a quello dello scoppio di una bomba. Che Moro sia stato segregato e ucciso altrove? E non è finita qui: il Ris di Roma nei giorni scorsi ha infatti depositato in Commissione Moro una perizia di 108 pagine segnalando la presenza “incongruente” di tracce di sparo (GRS) sull’aletta parasole di destra della Renault 4 e sul “cielo” della R4, quasi al centro dell’automobile. Com’è possibile questa presenza considerando che secondo i brigatisti Moro sarebbe stato freddato nel portabagagli? Dubbi aumentati dal fatto che la coperta che avrebbe celato ai brigatisti il volto della vittima non presenta alcun foro e che, come riporta Il Messaggero, “la sequenza di sparo è concentrata in una area ristretta dell’emitorace sinistro” e lo statista offriva ai suoi assassini solo la parte destra del corpo. I dubbi sulla morte di Moro, a quasi 40 anni dal suo anniversario, sono dunque più vivi che mai. 



-Mentre i dubbi sulla morte di Aldo Moro tornano attuali a 39 anni dal ritrovamento della  Renault 4 rossa in via Caetani, oggi, Giornata della Memoria dedicata alle vittime del terrorismo, la figlia dello statista assassinato dalle Br, Maria Fida Moro, denuncia l’abbandono dello Stato nei confronti della sua famiglia in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera: “Basta. Non parteciperemo più a nessuna celebrazione per questo ennesimo e terribile 9 maggio. Non ne posso più dell`indifferenza e della bruttezza della politica”, ha detto la figlia dello statista, aggiungendo che “voglio costringere lo Stato a fare la sua parte. Perché noi, io e mio figlio Luca, continuiamo ad essere tagliati fuori dal riconoscimento della legge per le vittime del terrorismo. Che è applicata a tutti, tranne che ad Aldo Moro. Per questo ho anche chiesto che la giornata cambi data: mi offende e mi ferisce che papà sia l`emblema delle vittime ma per lui la legge non valga”.

Maria Fida Moro spiega che non si tratta di una questione economica:”Io mi sto battendo per il principio, non per un fatto economico. Io vorrei che si tornasse a ricordare l`Aldo Moro vivo e quello per cui ha vissuto. E invece no: ci sono terroristi che anche oggi hanno spazio sui media, voce, rispetto. E una vita. A lui si riconosce soltanto il diritto di fare la parte del cadavere in un bagagliaio. Perché per vedere mio padre riconosciuto come un vittima del terrorismo sarò costretta a rivolgermi alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. È una cosa che mi farà vergognare ancora di più di essere italiana”.