Negli ultimi tempi riusciva solo a muovere tre dita e gli occhi. Con questi mezzi a disposizione sul tablet scriveva parole chiare. Soprattutto amava riprendere una frase di papa Francesco: “Il dolore è dolore, ma vissuto con gioia e speranza ti apre la porta alla gioia di un frutto nuovo”.
Padre Modesto Paris, sacerdote genovese, si era ammalato di Sla, sclerosi laterale amiotrofica, due anni fa. Lui che non ha mai perso il buon umore la chiamava “SLAvina”. Non ha mai pensato di rifiutare la vita, anzi aveva chiesto di non essere neanche sedato: “Ora che posso solo sognare ad occhi aperti e col cuore che batte capisco che la vita non è con i piedi per terra che ti obbligano a pensare solo a quello che vedi perché in questo modo ti perdi il bello della vita con la “V” maiuscola, pertanto ringrazio il Signore che mi ha regalato questa SLA…vina” sono state le sue ultime parole. E’ morto la notte tra il 30 e il 31 maggio. Nel 1984 aveva fondato il movimento dei Rangers, un modo per stare con i giovani e aiutarli nel loro cammino di crescita.
In un momento storico in cui si chiede la dolce morte, l’eutanasia per chi soffre, dicendo che è un diritto alla dignità della persona, padre Modesto si era sentito dire dai medici che solo il 15% delle persone nelle sue condizioni decide di non lasciarsi morire. Lui diceva che la sua scelta di vivere non era perché uomo di fede, semplicemente perché aveva sempre amato la vita.
Ma anche tutti coloro che si lasciano morire di eutanasia dicono di amare la vita, semplicemente non sopportano le condizioni di sofferenza che la loro condizione richiede. E allora dove sta la diversità? Probabilmente nessuno riuscirà a rispondere a questa domanda. In una intervista con il nostro giornale, don Francesco Cristofaro, nato con una grave disabilità ci aveva detto: “Avevo un vangelo tutto particolare, quello del pietismo, del piangermi addosso, del non servo a nessuno. La notte sognavo di poter andare anche io in gita con i miei amici, di giocare al pallone con loro, poi mi risvegliavo e non era cambiato niente. Ero arrabbiato con Dio, mi chiedevo perché permetteva tutto questo a un bambino”.
La sua vita cambia con un incontro, quello di una persona che gli dice sorridendo che non guarirà mai, abbastanza per chiunque per decidere di morire: “Oggi, anzi da sempre, la sofferenza non è mai piaciuta a nessuno. Vogliamo la vita perfetta, la società di oggi ha costruito modelli in cui la persona perfetta è quella vincente. Per questo io ho sofferto e non mi sono accettato per tanti anni”. Per padre Modesto il senso della sua vita è sempre stato, ha detto, essere di esempio. Oltre ai Rangers, che negli anni ha raccolto migliaia di giovani a cui far percepire la bellezza della vita, aveva fondato anche il movimento Millemani, una associazione di adulti che ha come obbiettivo uno solo: aiutare gli altri.
Come ha capito don Francesco: “La gente mi faceva sentire un poveraccio, un disgraziato, uno che non serve a nessuno. Allora invece di chiedere allo stato l’aiuto a morire chiediamo allo stato l’aiuto a vivere, un aiuto che ci consenta di vivere in maniera dignitosa la sofferenza. Ci sono casi di persone abbandonate senza aiuto e sostegno, invece di firmare leggi di morte firmiamo leggi di vita che aiutino chi ha una sofferenza così grande”.
E allora la risposta forse è tutta qui: invece di abbandonarsi al proprio male, considerandosi dei perdenti e degli sconfitti come vuole la società di oggi che considera inutili tutti coloro che sono malati o sono anziani, anche da malati come padre Modesto si può essere utili a rendere il mondo un posto migliore. Il nuovo presidente della Cei ill cardinale Gualtiero Bassetti, lo ha ringraziato per il suo “impareggiabile servizio alla vita”.