Giosuè Ruotolo, presunto assassino di Trifone e Teresa ed attualmente a processo per il duplice omicidio della coppia, avvenuto a Pordenone due anni fa, avrebbe le ore contate. Ne sarebbe certa la criminologa Roberta Bruzzone, che ha fatto il punto sul caso attraverso le pagine del settimanale Giallo. Il processo in Corte d’Assise a Udine a carico del 27enne di Somma Vesuviana, ormai sarebbe alle battute finali. La difesa sta tentando anche attraverso piste alternative, di convincere il giudice della totale innocenza del proprio assistito. Ma per la criminologa, il giovane non avrebbe scampo: “Il processo, udienza dopo udienza, sta confermando tutti i punti salienti dell’impianto accusatorio lasciando ben poco margine ai legali del giovane imputato”, ha commentato. Lo stesso Ruotolo in aula aveva ammesso nelle scorse settimane di essere stato lui a creare il profilo Facebook “Anonimo anonimo” dal quale erano partite le minacce e le offese a Teresa. E sulle piste alternative, la Bruzzone ha chiosato: “Le ipotesi difensive alternative sono state vagliate in dibattimento e non hanno dimostrato la benché minima credibilità”.
E se a sparare contro Trifone Ragone e Teresa Costanza, la coppia di fidanzati freddata il 17 marzo 2015 nel parcheggio di Pordenone, fosse stata una donna? E’ questa l’inquietante ipotesi trapelata nel corso della nuova udienza del processo sul duplice delitto e che vede unico imputato il giovane 27enne Giosuè Ruotolo, ex militare di Somma Vesuviana. Nella passata udienza dello scorso lunedì, tenutasi di fronte alla Corte d’Assise di Udine, è stato dato nuovo spazio alla difesa dell’imputato nel tentativo di scagionare definitivamente l’ex commilitone di Trifone rispetto alle gravissime accuse che lo hanno investito. A prendere la parola è stato il consulente tecnico della difesa, Vincenzo Agostini che in aula ha spiegato i risultati degli accertamenti condotti sulle tracce genetiche rinvenute sulla scena del crimine. Da ciò sarebbe emersa l’assenza di Dna attribuibile a Ruotolo sugli effetti delle vittime, così come viceversa, ovvero nessuna traccia genetica di Trifone e Teresa sarebbe stata rinvenuta sugli effetti dell’imputato.
L’esperto ha eseguito i rilievi in modo particolare sull’auto delle due vittime, nelle abitazioni dei protagonisti della triste vicenda e sul bossolo 3, ovvero quello sul quale sarebbe stato rinvenuto un Dna diverso da quello di Giosuè Ruotolo. La vera novità, rispetto a questo reperto individuato dai Ris di Parma tra la leva del cambio ed il sedile del guidatore all’interno dell’auto di Teresa, dove la coppia è stata freddata, è che il Dna ignoto rinvenuto potrebbe appartenere ad una donna. Ne sarebbe convinto il biologo forense Vincenzo Agostini.
Gli esperti dei Carabinieri che si sono occupati delle indagini sul duplice delitto di Trifone e Teresa, come rivela Leggo.it, avevano identificato una traccia biologica mista sul bossolo rinvenuto nell’auto delle due vittime. Il Dna trovato, misto al sangue di Trifone Ragone, era esiguo e probabilmente degradato a causa delle alte temperature raggiunte dallo sparo, ma comunque utile per le necessarie comparazioni. Gli esperti hanno escluso che potesse essere il profilo genetico di Teresa, così come dell’imputato Giosuè Ruotolo e di tutti coloro che erano presenti sulla scena del crimine, ovvero le 34 persone tra inquirenti e soccorritori del 118 ed i 9 sospettati iniziali. Questi risultati avrebbero permesso alla difesa dell’ex militare 27enne di poter analizzare altre possibili strade tra cui quella secondo la quale a sparare potrebbe essere stata una donna. Ancora una volta, dunque, si è fatta leva sulla vita privata di una delle vittime, in modo particolare il militare di Adelfia ed a tal proposito l’avvocato Rigoni Stern, al termine dell’ultima udienza, ha commentato: “Sappiamo che Trifone aveva molte relazioni aperte. Il teste Stefano Protani un’ora dopo il delitto ha riferito di aver visto a bordo dell’Audi una donna, lo ha detto in modo chiaro”.
Sulla base di questa versione, a detta del difensore di Giosuè Ruotolo, potrebbero ora aprirsi interessanti scenari che porterebbero a scagionare definitivamente l’imputato. “Se il Dna, seppur con componente minoritaria, fosse riconducibile a Ruotolo, non saremmo qui a discutere”, ha aggiunto il legale. La parte finale del processo di primo grado a carico di Ruotolo, dunque, potrebbe contemplare forse l’attesa svolta?