La sentenza della Cassazione su Totò Riina ed una sua eventuale scarcerazione per i gravi problemi di salute, ha indignato l’opinione pubblica. Forse un po’ dimenticato negli ultimi tempi, il temuto boss di Cosa Nostra è ritornato così sotto i riflettori, provocando contestazioni e persino una petizione online. La domanda è d’obbligo: è giusto scarcerare Totò Riina? E quanto può essere ancora considerato una minaccia?



Totò Riina è ormai immortalato nella memoria degli italiani per aver ordinato numerosi omicidi e stragi. La sua pericolosità, secondo il pm Nicola Gratteri, è tale che potrebbe persino dare un comando ai suoi uomini solo con un cenno degli occhi. In occasione del clamore mediatico, Un giorno in pretura riproporrà nella sua puntata di questa sera il processo a carico di Totò Riina per gli omicidi di Michele Reina, Rosario Di Salvo, Piersanti Mattarella e Pio La Torre. E’ l’1 marzo del 1993 quando il boss di Cosa Nostra esce dall’ombra di timore e crudeltà in cui si rifugia da decadi per sottoporsi all’interrogatorio. L’inizio di una vicenda giudiziaria che ha lasciato con il fiato sospeso gli italiani. 



Totò Riina viene arrestato nel dicembre del 1993: aveva 63 anni. E’ solo l’inizio di un lungo processo che porta per la prima volta sul banco degli imputati il famigerato boss di Cosa Nostra. “Sono un lavoratore” riferisce al Presidente della Corte d’Assise di Palermo durante il suo interrogatorio. Una vita fatta di sacrifici, a suo dire, e di una professione che negli ultimi tempi lo ha portato a lavorare in una ditta di costruzioni. “Mostro”, “un animale in gabbia”. Questi gli epiteti con cui all’epoca veniva indicato Totò Riina, in grado di comunicare con un semplice gesto della mano o con uno sguardo.



Nella sua mente tutti i segreti dello Stato e della mafia. Conosce i motivi per cui sono stati ordinati gli omicidi politici, chi ha ucciso i giudici Chinnici e Terranova, per dirne alcuni, così come tutte le altre vittime della mafia siciliana. E ancora, il suo rapporto con la banca del Vaticano e con Giulio Andreotti, uno degli elementi che accesero i riflettori su una strana connivenza fra Cosa Nostra e Stato. “Totò Riina è perfettamente lucido e orientato nel contesto”, sottolinea il pm Di Matteo, come cita Libero Quotidiano. Il boss di Cosa Nostra non si perde un’udienza che lo riguardi, nemmeno l’ultima dello scorso 30 marzo in cui “ha parlato dei rapporti tra Ciancimino e Licio Gelli, dei suoi rapporti con Provenzano e della morte dell’ex vice del Dap, Francesco Di Maggio”.