Un algoritmo per prevedere il suicidio, con un’accuratezza del 90%. E’ questa l’ultima scoperta scientifica che arriva direttamente dagli Stati Uniti e destinata a far discutere. Ad essere giunti a questa interessante conclusione, come riporta Il Tempo, sono stati alcuni studiosi della Vanderbilt University, nel Tennessee, i quali avrebbero scoperto un algoritmo basato sui dati raccolti prima di un ricovero in ospedale e che sarebbe capace di prevedere il livello di rischio di un aspirante suicida. A dimostrare l’attendibilità di questo algoritmo da brivido, sarebbero stati i risultati di un test condotto dalla medesima Università americana. La ricerca ha coinvolto 5 mila pazienti ricoverati per autolesionismo di cui ben oltre la metà, 3250, hanno poi tentato il suicidio. Sulla base dei dati legati alle terapie, all’età ed alla zona di residenza delle persone prese in esame, l’algoritmo è stato in grado di distinguere i semplici casi di autolesionismo da quelli di possibile suicidio.
Successivamente, il test è stato eseguito su un gruppo di 13 mila pazienti che non avevano storie documentate di tentato suicidio e l’algoritmo si è rivelato attendibile in una percentuale compresa tra l’80 ed il 90% nei due anni successivi. Ancora più accurato il risultato relativo al più breve periodo di una sola settimana. Dopo il successo dei risultati finora ottenuti, lo scienziato ha intenzione di testare il medesimo algoritmo anche con campioni provenienti da un diverso ospedale.
Il metodo finora messo a punto, dunque, potrebbe ampliarsi negli anni e diventare ancora più complesso coinvolgendo un team di ricercatori più vasto. E’ questo il progetto finale da parte dell’Università Vanderbilt del Tennessee che da anni lavora al tema del suicidio ed alla sua prevedibilità. In passato lo studio verteva sul tono della voce in pazienti con tendenze suicide a cui voce tendeva a diventare leggermente cupa e vuota tanto da essere definita “la voce dalla tomba”. Se lo studio avesse trovato conferma, si sarebbe potuto creare un meccanismo vocale utilizzabile dagli operatori telefonici di assistenza i quali avrebbero potuto riconoscere subito le persone a rischio suicidio. Dai primi studi, la ricerca è andata avanti fino a portare alla nascita di un vero e proprio algoritmo in grado di prevedere il suicidio ma che, allo stesso tempo, ha portato ad un quesito importante: è realmente giusto predisporre un programma di intervento in grado di impedire a persone capaci di intendere e di volere di togliersi la vita? La questione, dunque, da puramente scientifica rischia ora di diventare squisitamente etica.