Una semplice prefazione ad un libro diventa l’occasione per ribadire come Papa Francesco sia del tutto concentrato a trattare i temi dell’oggi, i drammi del nostro tempo, in piena vicinanza a quello che la Chiesa del Signore annuncia da 2mila anni: la verità e la proposta continua di una educazione al mistero e al bene comune. Papa Francesco ha voluto scrivere la prefazione del libro del Cardinale Turkson. Per gentile concessione dell’Editrice Vaticana, il Corriere della Sera ha ospitato l’intera prefazione oggi in prima pagina sul proprio quotidiano, svelando così le tematiche che il Pontefice ha voluto sottolineare all’interno del nuovo libro del Porporato Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. È la corruzione il cardine della riflessione di Papa Bergoglio e lo espone subito, fin dalle prime righe: «La corruzione, nella sua radice etimologica, definisce una lacerazione, una rottura, una decomposizione e disintegrazione. Sia come stato interiore sia come fatto sociale, la sua azione si può capire guardando alle relazioni che ha l’uomo nella sua natura più profonda».



Per Francesco l’uomo ha una relazione con Dio, una relazione con il prossimo e una relazione con il creato, ovvero l’ambiente in cui si vive: «Questa triplice relazione — nella quale rientra anche quella dell’uomo con se stesso — dà contesto e senso al suo agire e, in generale, alla sua vita». Secondo il Pontefice il rispetto di queste “esigenze” relazionali è onesto e fa assumere all’uomo che le rispetta una retta posizione di cuore e lavoro incontro al bene comune. «Quando invece egli subisce una caduta, cioè si corrompe, queste relazioni si lacerano. Così, la corruzione esprime la forma generale della vita disordinata dell’uomo decaduto»: per Bergoglio e per la Chiesa Cattolica la conseguenza di questa “caduta” corrotta rivela una condotta del tutto anti-sociale. Non si intende solo la corruzione delle tangenti, della politica o del malaffare: ma l’intera corruzione dell’essere umano di fronte ad una realtà che è altra da sé.



I rapporti e la coesistenza con le altre persone sono minate da questa “caduta”: «La corruzione spezza tutto questo sostituendo il bene comune con un interesse particolare che contamina ogni prospettiva generale. Essa nasce da un cuore corrotto ed è la peggiore piaga sociale, perché genera gravissimi problemi e crimini che coinvolgono tutti». Il Papa prova a sottolineare anche l’origine di questo termine così abusato alle volte senza comprenderne bene il senso, «La parola «corrotto» ricorda il cuore rotto, il cuore infranto, macchiato da qualcosa, rovinato come un corpo che in natura entra in un processo di decomposizione e manda cattivo odore». Noi uomini tutti siamo tentati da questo stato di corruzione, e anche quando pensiamo di averla sconfitta essa si può ripresentare: ma attenzione, sottolinea Papa Francesco, «l’uomo va visto in ogni suo aspetto, non va scisso a seconda delle sue attività, e così la corruzione va letta — come si legge in questo libro — tutta insieme, per tutto l’uomo, sia nelle sue espressioni di reato sia in quelle politiche, economiche, culturali, spirituali». Fondamentale il passaggio che fa subito dopo nella prefazione Francesco, quando ricorda che un peccatore può chiedere perdono, un corrotto dimentica di chiederlo.



«Perché? Perché non ha più necessità di andare oltre, di cercare piste al di là di se stesso: è stanco ma sazio, pieno di sé. La corruzione ha, infatti, all’origine una stanchezza della trascendenza, come l’indifferenza». In questo senso per Francesco la Chiesa deve ascoltare, elevarsi e chinarsi sui dolori e le speranze delle persone secondo misericordia, e deve farlo senza avere paura di purificare se stessa, ricercando assiduamente la strada per migliorarsi. Bisogna parlare di questa corruzione – “che è l’arma, il linguaggio più comune anche delle mafie e delle organizzazioni criminali nel mondo” –  e c’è una profonda questione culturale che occorre affrontare: «dobbiamo parlare di corruzione, denunciarne i mali, capirla, mostrare la volontà di affermare la misericordia sulla grettezza, la curiosità e creatività sulla stanchezza rassegnata, la bellezza sul nulla. Noi, cristiani e non cristiani, siamo fiocchi di neve, ma se ci uniamo possiamo diventare una valanga». Il lavoro comune, la lotta e la “ri-creazione” urge sempre di più per poter davvero estirpare questa forma di «bestemmia, questo cancro che logora le nostre vite».