E’ trascorso un anno dalla terribile esplosione di via Brioschi a Milano, all’interno di una palazzina, e che causò una vera e propria strage. A causare l’esplosione fu una fuga di gas proveniente dall’appartamento di Giuseppe Pellicanò, ora a processo con rito abbreviato ed accusato di strage e devastazione. Secondo l’accusa, fu lui a svitare il tubo del gas all’interno dell’appartamento nel quale viveva insieme all’ex compagna Micaela Masella – morta anche lei a causa della forte esplosione – ed alle due figlie piccole rimaste gravemente ustionate. Oggi, nel corso dell’udienza, come rivela Corriere.it, si è vissuto un momento molto emozionante quando è stata resa nota una lettera scritta dai genitori dei due giovani uccisi, Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa, i fidanzati marchigiani di 27 anni tra le vittime della strage.
“I nostri ragazzi, vittime indirette di un conflitto maturato in un circuito domestico di cui erano totalmente estranei, sono innocenti in senso assoluto”, si legge in un passaggio della missiva. Con le loro parole, i genitori delle due vittime hanno voluto portare la loro testimonianza in aula “in quanto coinvolti in una vicenda assurda e sanguinosa, che ci lascia distrutti e sgomenti”. Un modo, questo, per tenere a debita distanza la rabbia e la voglia di vendetta, “convinti come siamo che la sofferenza del colpevole si aggiunge a quella delle vittime e non può minimamente alleviarla né restituirci i nostri ragazzi”. La lettera, rappresenta al tempo stesso una sorta di risposta dei genitori dei due giovani morti allo stesso Pellicanò che nei mesi scorsi aveva loro scritto invocando il perdono.
La missiva, depositata nel corso del processo a carico di Giuseppe Pellicanò, è stata letta in aula dall’avvocato Valeria Attili, difensore dei coniugi Magnamassa. Dopo la lettura, Pellicanò, presente in aula, è scoppiato in lacrime. Nel corso dell’udienza il legale di parte civile ha chiesto 1,2 milioni per genitori e fratello di Chiara. Severissima la richiesta di condanna da parte del pm Elio Romandini al gup e pari all’ergastolo. Di contro, la difesa dell’imputato ha ribadito la non volontà ad uccidere del proprio assistito, chiedendo la sua assoluzione. In caso di condanna, i due avvocati hanno chiesto “che venga applicato il minimo della pena, oltre allo sconto di un terzo, così come previsto dal rito abbreviato, il riconoscimento delle attenuanti e del vizio parziale di mente”. La sentenza giungerà solo il prossimo lunedì quando il giudice deciderà se condannare o meno l’imputato all’ergastolo.