L’ultima chiamata prima della morte. Dall’incendio di Londra con le testimonianze drammatiche di Gloria Trevisan e Marco Gottardi, fino a quelle strazianti telefonate e messaggi dai voli che stavano per schiantarsi sulle Torri Gemelle del 11 settembre 2001, financo le chiamate durante gli attentati al Bataclan di Parigi. La strage raccontata in diretta: non nel senso di “morbosa” attenzione scatenata (quella la lasciamo alle cronache strappalacrime da tv trash), ma il racconto struggente di chi sta per perdere tutto e pensa anche per un ultimo secondo ai propri cari, nel tentativo di dargli forza. Una esperienza umana inimmaginabile e che possiamo solo descrivere, sospendendo per un attimo il giudizio, la critica, la polemica sul perché “è avvenuto quell’incendio in una torre così importante a Londra”, o sulla “ristrutturazione fatta con i piedi e che tutti sapevano avrebbe portato seri danni, era solo questione di tempo”.
La Grenfell Tower si è con molta probabilità portata via il cuore e l’esistenza sulla Terra di Marco Gottardi, Gloria Trevisan e forse altre 100 persone. Storie diverse, preoccupazioni svariate, ma un cuore umano per tutti che di fronte alla morte in arrivo decidono di “reagire”, con tristezza, rabbia, amore, un mix di sentimenti che ripetiamo, possiamo solo descrivere. E allora eccole le ultime frasi che Gloria ha detto a sua mamma in una telefonata pochi istanti prima che il fumo prendesse il loro appartamento : «Mi dispiace tanto, non potrò più riabbracciarvi. Avevo tutta la vita davanti, non è giusto, non voglio morire. Io volevo aiutarvi, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me», raccontano tra le lacrime Emanuela e Loris Trevisan, intervistate da Repubblica. Un dolore incommensurabile, una madre che si sente dire dalla figlia che sta per morire ma che ha avuto anche la “letizia” paradossale di ammettere, “grazie mamma per tutto, per quello che avete fatto per me”.
E non solo, una figlia che si strugge per non essere riuscita ad ricambiare quell’aiuto con quel lavoro “perso” troppo in fretta visto cosa il destino stava in maniera beffarda “preparando”. Le prime chiamate sono arrivate alle 3 con la notizia data dell’incendio: «Nostra figlia ci ha svegliato per dirci che c’era un incendio al terzo piano ma ci assicurava che non era nulla di grave». Anche Marco, lì vicino a lei, immaginiamo in un abbraccio intenso fino alla fine, ha fatto la stessa cosa con il papà Giannino, «Papà non ti preoccupare, qui finisce tutto bene». Poi il telefono si interrompe, la chiamata cade, e probabilmente la vita si spezza di quei due giovani “scappati” dall’Italia perché non trovavano lavoro e che invece a Londra avevano trovato subito nel giro di due mesi. Ma ripetiamo, per le polemiche c’è tanto tempo per parlare: per quell’ultimo attimo di umana tenerezza invece la fugacità del tempo rischia di inglobarla tutta. Ci prova, ma non ci riesce, visto che quei genitori per tutta la loro vita avranno in mente quel saluto drammatico che con semplicità e paura assieme diceva solo un “grazie”.