La scomunica non solo per i mafiosi ma ora anche per i corrotti: il monito e la possibile presa di posizione molto dura della Chiesa contro i reati e (i peccati) di corruzione e associazione mafiosa arriva da Papa Francesco a quasi due anni dalle importanti e veementi affermazioni a Sibari e a Scampia. «La corruzione spuzza, non è cristiano chi si lascia corrompoere», aveva detto Bergoglio dal palco di Scampia, dando il là alle forti decisioni della Chiesa Cattolica sulla scia degli importanti passi fatti da Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ora arriva il possibile decreto: Il Vaticano ha annunciato che è allo studio la possibilità di cacciare ufficialmente dalla Chiesa «per corruzione e associazione mafiosa». E poi ancora, sempre dalla nota del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, «Tra le future iniziative, si segnala al momento la necessità di approfondire, a livello internazionale e di dottrina giuridica della Chiesa, la questione relativa alla scomunica.



La lotta «alla corruzione e alle mafie è una questione non solo di legalità, ma di civiltà». A questa decisa presa di posizione del Papa e della Chiesa, la reazione non può che essere positiva per il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone che oggi su Repubblica viene intervistato a proposito: «Bergoglio batte forte sul tema, ha perfino detto che il peccato si può perdonare, la corruzione no», rilegge a dir la verità un po’ a modo suo le parole di Francesco il presidente dell’Autorità Anti Corruzione.



Secondo Cantone nel mondo della politica e della finanza troppi «si professano uomini di fede ma agiscono diversamente» e lo fanno senza pentimento. Cantone poi ritiene che, dato la Chiesa una rappresentanza educativa con presa su tutto il pianeta, «il messaggio del Pontefice ha più forza di una risoluzione dell’Onu», spiega il presidente Anac richiamando con forza l’autorità morale di ogni cattolico, con una stilettata non risparmiata alla stessa Chiesa. «È impossibile lottare contro la corruzione mantenendo i privilegi, e mantenere in privilegi è inaccettabile soprattutto da parte della Chiesa», riporta Cantone condividendo il messaggio lanciato da un prelato in un recente incontro sul tema della corruzione.



Secondo Monsignor Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, da sempre impegnato nella lotta contro corruzione e mafie, commenta su La Stampa la svolta di Francesco e la mette in linea con quelle dei due predecessori: «hanno contribuito all’ interpretazione e alla condanna della mafia a partire dalle tradizionali e originali categorie cristiane. San Giovanni Paolo, nel 1993, nel discorso alla Valle dei templi, lanciò l’ appello: «Mafiosi convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio». Benedetto XVI nel 2010 a Palermo sentenziò che la mafia è “una strada di morte”». Sempre allo stesso quotidiano torinese, oggi parla anche il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho che saluta la novità del Vaticano come “una grande notizia”. «Papa Francesco lo disse già tempo fa che il mafioso è scomunicato. Sono state affermazioni fortissime. Se arriverà anche l’ atto formale, avrà un grande peso per organizzazioni come la ‘ndrangheta e le altre, che assumono rituali pseudoreligiosi nell’affiliazione, così come nelle cariche interne», attacca duramente il procuratore calabrese, che poi conclude così. «Le cosche vengono così destabilizzate. In Calabria la Chiesa ha un peso importante. E prendere le distanze dalla ‘ndrangheta significa isolarla. Non è poco».