Sarà presto proclamato beato da Papa Francesco, Teresio Olivelli, martire laico ucciso nel campo di concentramento di Hersburck nel gennaio del 1945, per aver tentato di proteggere da un pestaggio un prigioniero ucraino. Una storia che da tempo viene tramandata e raccontata, col coraggio di Olivelli che l’ha reso un esempio come difensore dei deboli, come affermato anche dal Santo Padre che ha promulgato il decreto per la beatificazione di Teresio, nato in provincia di Como e morto a soli ventinove anni sotto la brutale mano nazista. La sua militanza nell’Azione Cattolica parte dai tempi in cui era uno studente, e proprio tramite l’Azione Cattolica tenta di iniziare a lavorare in favore dei più poveri durante gli anni universitari a Torino, in cui nel 1938 una volta laureatosi lavora come assistente. Teresio Olivelli ha tentato di lavorare criticamente all’interno del sistema fascista, ma dopo l’8 settembre non è più possibile per lui, per formazione umana e culturale, evitare di unirsi alla resistenza partigiana.



Proprio questa doppia militanza di Teresio Olivelli ha portato la Chiesa a propendere per la sua beatificazione, per la sua incessante attività di sostegno in favore dei poveri e dei più deboli sia sotto il fascismo, sia durante i giorni duri della resistenza. Un riconoscimento al valore umano di Olivelli a prescindere dal giudizio su quei giorni terribili per la storia d’Italia e di tutto il mondo. Arrestato nell’aprile del 1944, Teresio Olivelli vivrà successivamente l’orrore dei campi di prigionia, in una lunga peregrinazione che lo porterà fino a Hersbruck, dove troverà la morte in un ultimo, estremo gesto di altruismo. Olivelli infatti sarà ucciso da una guardia tedesca per essersi frapposto tra l’ufficiale e un prigioniero ucraino, già provato dalla prigionia. Olivelli ha dato la sua vita e il suo sacrificio non è stato vano perché coerente con una vita dedicata al prossimo e con la beatificazione riceverà il giusto riconoscimento ad una vita di sacrificio e fede.

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