Nel 2003 una compagnia sudcoreana è riuscita a creare embrioni di topi usando cellule umane. Questo considerando la somiglianza biologica tra le due specie, molto superiore a quanto si possa pensare. Una ricerca che ha aperto nei successivi quindici anni nuove frontiere per gli xenotrapianti, ovvero l’utilizzo di organi e tessuti animali da trapiantare in esseri umani. Ci sono però da sempre obiezioni scientifiche ed etiche: il rigetto per un organo animale potrebbe essere molto più violento rispetto a quello che già avviene in un trapianto tra organi compatibili. Inoltre, potrebbero verificarsi mutazioni di virus animali che potrebbero attecchire fra gli uomini: potenzialmente, salvare una persona con un trapianto potrebbe metterne a rischio migliaia per la mutazione di un virus. Ma avere a disposizione tessuti e organi animali, se questi rischi venissero superati, cambierebbe la vita di centinaia di migliaia di persone che supererebbero i loro problemi di salute con un trapianto d’organo.



Il lavoro che gli scienziati stanno svolgendo sul genoma è assolutamente notevole, ma va detto come la storia degli xenotrapianti sia complicata ed abbia ormai diversi decenni di esperienza sul campo alle spalle. Ad esempio, negli anni Venti il chirurgo Alexis Carris ha condotto una sperimentazione in cui dei testicoli di scimmia venivano trapiantati negli uomini. Negli anni sessanta pazienti ai quali sono stati trapiantati reni di scimpanzé hanno fatto registrare risultati sorprendenti: uno in particolare riuscì addirittura a vivere per ben nove mesi dopo l’intervento. Nel 1992 un paziente è riuscito a vivere 70 giorni dopo aver ricevuto il fegato di un babbuino. Secondo il professor Kevin Fitzgerald dell’università di Georgetown, anche i trapiani di tessuti umani in animali, come visto con i topi in Corea, saranno sempre più facilmente possibili. Secondo Fitzgerald però lo xentrapianto non dovrà essere una pratica fine a se stessa, ma dovrà magari aprire la strada verso nuovi studi e ricerche che portino ad una soluzione definitiva per la carenza di organi da trapiantare.

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