Fermiamoci alle prime righe dei dispacci, trasmessi dall’incendio dei boschi del distretto di Leira in Portogallo, avvolti dalle immagini arancioni con cui da piccolini immaginavamo l’inferno.

“Quattro bambini tra le vittime – Tra i morti accertati ci sono almeno quattro bambini, secondo la stampa portoghese. Due di loro avevano quattro anni: Bianca, che ha perso la vita nella località di Mò Pequena, mentre cercava di fuggire dalle fiamme insieme alla nonna, e Rodrigo, deceduto a Pedrógão Grande mentre si trovava in macchina con lo zio. Gli altri due bambini morti avevano otto anni. Un bimbo di 4 anni la prima vittima identificata – Si chiama Rodrigo e aveva 4 anni la prima vittima identificata del terribile rogo che continua a divorare alberi in Portogallo. Il piccolo, riferiscono i media locali, è stato sorpreso dal fuoco mentre era in auto con uno zio. Un albero in fiamme è caduto sull’auto. Il cadavere dello zio, riferisce Correio de Manha, è stato ritrovato nell’auto, quello del piccolo era all’esterno”. Più di 60 morti. 



Cerchiamo sempre delle colpe. Le colpe aiutano a sfuggire a molte domande. Trasferiscono in odio, in rivendicazione, magari risolto in perdono, quello che è troppo assurdo e ingiusto per essere dovuto a cause remote: un fulmine, la siccità, magari persino il cambiamento climatico.

A Londra c’era un frigorifero scassato, l’assenza di allarmi funzionanti, la speculazione di chi ha ristrutturato la Grenfell Tower con pannelli infiammabili, l’insensibilità della May, la lentezza dei soccorsi. Tutto giusto. Guai a buttarla sul destino o sul caso. Troppo comodo per i delinquenti dell’imprevidenza. Ma qui, in Portogallo?



Ovvio che io non ho alcuna parola intelligente da dire. Ma le domande sono quelle di sempre. Emergono ogni volta, e ci trovano sempre nudi, come se fosse la prima volta — sempre che si sia conservata una briciola di compassione e non ci sia armati di cinismo. 

Queste fiamme non sono una punizione divina, la nostra esperienza cristiana ci impedisce di pensarlo: basta leggere il Vangelo, quando i discepoli chiedono a Gesù conto dei morti sotto la torre di Sichem. O a proposito del cieco nato. E allora? Papa Francesco dice: guardiamo il Crocefisso. Dio ha consentito questo per suo figlio, dentro un disegno di salvezza e di amore che comprendeva e comprende Bianca e Rodrigo, i loro genitori, la nazione portoghese, l’umanità intera. Quello che possiamo fare è stringerci a quelle famiglie, e impedire che in noi (in ciascuno di noi!) le domande sul perché dell’apparente insensatezza del dolore innocente siano soffocate da risposte meccaniche o siano gettate nell’abisso dello scetticismo. A me viene in mente Gesù davanti alla vedova di Naim, che dinanzi al figlio morto, commuovendosi le disse “Donna, non piangere”. Credo che lo ripeta anche oggi, anche adesso a quelle madri dei bambini portoghesi.