Massimo Bossetti è davvero il mostro che ha ucciso la 13enne Yara Gambirasio? Non secondo il suo ex compagno di cella Vincenzo Mastroberardino, che con il muratore di Mapello ha trascorso 10 mesi a stretto contatto. Intervistato da La Provincia Pavese, l’ex detenuto non ha alcun dubbio sull’innocenza di Bossetti:”Una persona buona, senza ombre, un libro aperto. Massimo Bossetti è stato dipinto come un mostro ma non lo è affatto. In cella piange giorno e notte, vive con i fascicoli del suo processo aperti sul tavolino, le foto dei figli attaccate alle pareti. E prega”. Mastroberardino conferma di non essere il solo a credere che Bossetti sia estraneo ai fatti che gli vengono imputati:”Prima di conoscerlo avevo letto la sua storia solo sui giornali, in cella mi sono fatto un’idea completamente diversa. E non sono l’unico: in carcere Bossetti riceve tanta corrispondenza, lettere di solidarietà di persone che sono convinte della sua innocenza. Sì, anche tante donne”. (agg. di Dario D’Angelo)



Tutto è ormai pronto in vista del processo d’Appello a carico di Massimo Bossetti e che si svolgerà presso il Tribunale di Brescia a partire dal prossimo 30 giugno. Una data importante e che l’imputato, condannato in primo grado dalla Corte d’Assise di Bergamo alla pena dell’ergastolo in quanto ritenuto il solo colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio, sta attendendo con enorme trepidazione. Intanto, nei giorni scorsi come rivela Libero Quotidiano, la difesa del muratore di Mapello ha depositato a Brescia i motivi aggiunti del ricorso contro la condanna di primo grado all’ergastolo. Alle 258 pagine depositate lo scorso novembre, dunque, se ne aggiungono altre 102, sebbene uno dei difensori di Massimo Bossetti, l’avvocato Claudio Salvagni, interpellato dal Corriere della Sera si sia limitato a commentare: “da un lato serviranno per spiegare meglio il ricorso e dall’altro per aggiungere qualcosa”. Il legale ha ammesso che “sì, ci saranno ulteriori richieste”, preannunciando che una in particolare sarà una vera e propria novità senza tuttavia sbilanciarsi oltre né chiarire se si tratti di un testimone o di un ulteriore esame.



L’obiettivo della difesa di Bossetti, dunque, sarà quello di far dubitare sul finale del secondo grado, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia ed è quasi certo che questo secondo procedimento si incentrerà nel dettaglio proprio sul Dna, quella prova regina che per l’accusa rappresenta il caposaldo dell’intero processo nonché la prova schiacciante della sua colpevolezza. Cuore della nuova discussione, dunque, sarà sempre quel profilo genetico inizialmente attribuito ad Ignoto 1, poi identificato come Massimo Bossetti, con novità, nuove richieste e altri ragionamenti da parte della sua difesa.



Per i difensori di Massimo Bossetti, quel “Dna monco”, come più volte definito, rinvenuto sugli indumenti di Yara Gambirasio, non apparterrebbe all’uomo in carcere da tre anni. Le maggiori contestazioni giungerebbero per via dell’assenza della parte mitocondriale dell’imputato, per la quale è stata ora chiesta una nuova superperizia. Per l’accusa, è sufficiente la parte nucleare, riscontrata in Bossetti, per identificarlo come il responsabile del delitto di Yara. Troppo poco, invece, per i suoi difensori. “Fatemi vedere che quel Dna è mio in una perizia con i miei avvocati e taccio per sempre”, avrebbe detto Massimo Bossetti all’avvocato Claudio Salvagni durante una sua ultima visita in carcere a Bergamo, come rivelato da Libero. Oltre alla questione delicatissima del Dna, saranno altri quattro i punti sui quali punterà la difesa: l’assenza di ferite e lacerazioni sul corpo della vittima causate da animali così come la presenza di polvere di calce su corpo e ferite della povera Yara. Elementi, questi, che confermerebbero come la ragazzina sia stata uccisa altrove e non nel campo di Chignolo d’Isola dove fu rinvenuta cadavere tre mesi dopo la sua misteriosa scomparsa.

A conferma del fatto che la 13enne abbia camminato in un luogo legato all’edilizia e diverso dal campo di Chignolo arriverebbe anche dalla presenza di sferette in metallo sotto le sue scarpe. Infine, quinto elemento della difesa, le fibre trovate su dorso del piumino e sul retro dei leggings e compatibili con il sedile del furgone di Bossetti ma che invece, secondo i suoi difensori, non si tratterebbe di un indizio accusatorio qualificante poiché quei sedili erano stati prodotti in serie. Nel corso del processo d’Appello, non ci saranno i genitori di Yara Gambirasio, mentre come rivela Il Giorno, saranno in prima fila i familiari di Massimo Bossetti, nello specifico la madre Ester Arzuffi e la sorella gemella Laura Letizia.