Le mafie sono ancora autorità in grado di indirizzare gli investimenti pubblici secondo quanto riportato nella relazione annuale presentata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna) in Senato. Il Procuratore nazionale Franco Roberti e la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi sottolineano i successi investigativi e processuali di chi lotta contro la criminalità organizzata ma ammettono che le mafie non conoscono crisi: oltre ad essere vive e vegete, stanno benissimo e continuano a influenzare tanti settori. Il segreto della loro sopravvivenza sta nel saper cambiare pelle e strategia, come scrive Alessia Candito su Repubblica: l’unica eccezione è rappresentata da Napoli città, dove si regista un periodo di fibrillazione dovuto a condanne ed arresti di capi storici. Oggi i clan sono attraversati da una violenza sanguinaria e a guidarli ci sono dei giovanissimi leader che risultano incontrollabili.



C’è inoltre il rischio che le mafie diventino “autorità pubblica” in grado di governare processi e sorti dell’economia grazie all’uso stabile del metodo corruttivo-collusivo, che determina di fatto l’acquisizione dei poteri dell’autorità pubblica. La criminalità organizzata spesso acquisisce le capacità necessarie e le relazioni politiche per ottenere finanziamenti, come si legge nel testo della Dna: “Conseguenzialmente indirizza e impegna la spesa pubblica. Si tratta del vulnus più grave della stessa idea, allo stesso concetto di economia locale”. La novità introdotto dalle mafie è proprio questa, con lo scopo di aggiudicarsi gare e appalti pubblici utilizzando la corruzione: non più solo tangenti, ma un intervento diretto nell’elaborazione della stessa attività di ideazione, gestione e realizzazione dei bandi di gara. L’arma della mafie non sono più quindi omicidi e azioni di violenza, ma il metodo collusivo-corruttivo, che relega metodi più primitivi al rango di estrema ratio.

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