Poco prima di suicidarsi, Marco Prato, assassino di Luca Varani insieme a Manuel Foffo, ha scritto il suo ultimo messaggio riservato alla famiglia. Lo aveva fatto dopo il delitto del ragazzo 23enne di Roma, quando tentò di togliersi la vita nell’hotel dove fu trovato ed arrestato e lo ha fatto in carcere a Velletri, dove Prato ha messo fine per sempre alla sua vita. A riportare parte del suo ultimo messaggio scritto a penna, è la trasmissione Quarto Grado. Sul finale di missiva si legge: “La pressione mediatica è insopportabile, le menzogne su quella notte e sul mio conto sono insopportabili, questa mia vita mi è insopportabile. Perdonatemi”. Nel suo messaggio rinvenuto solo dopo il suo suicidio in cella, durante il giro di ispezione che ha rivelato l’orrenda fine del 31enne omicida, Marco Prato scrive ancora: “Il suicidio non è né un atto di coraggio, né di codardia, il suicidio è una malattia dalla quale non sempre si guarisce”. Prato aveva deciso di togliersi la vita alla vigilia del suo processo con rito ordinario, da lui scelto a differenza di quanto avvenuto per Foffo, già condannato a 30 anni (il massimo della pena) con rito abbreviato. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
Il suicidio di Marco Prato ha alimentato i dubbi riguardo alla giustizia italiana, per via della bomboletta di gas che il pr romano ha usato per mettere in atto il proprio suicidio. Ha aperto tuttavia le porte anche agli atti finora rimasti secretati, come l’interrogatorio affrontato l’indomani dell’omicidio di Luca Varani. Quarto Grado ha reso pubblici diversi documenti inediti nella sua puntata dello scorso venerdì, in cui è possibile vedere con chiarezza molti particolari della personalità di Marco Prato. Durante il suo interrogatorio, il pr della Roma bene analizza a fondo le perversioni del suo presunto complice nell’omicidio di Luca Varani. Un ragazzo che descrive come perverso, a causa di alcune confessioni fatte nei famosi quattro giorni precedenti al delitto. Giorni in cui Marco Prato e Manuel Foffo usano e abusano di alcool e droga, così come faranno quella tragica sera. “Quando sei sotto cocaina”, riferisce, “confidi tutte le perversioni. Quella di Manuel Foffo era lo stupro”. Parole importanti, in cui è possibile notare come Prato cercasse fin da quel momento di scagionare se stesso ed addossare ogni responsabilità sul presunto complice. Clicca qui per vedere il servizio di Quarto Grado sull’interrogatorio di Marco Prato.
Durante una delle ultime visite del padre, Marco Prato si lascia andare ad uno sfogo significativo. E’ evidente il suo stato d’animo fragile, in cui ammette al padre di non far altro che piangere. Soprattutto quando lo iscrivono – quasi a forza a suo dire – ad un corso di grafia e scrittura ed in cui il gruppo di detenuti intona qualche canzone. Fra i brani scelti anche “Ciao bella ciao” di Giorgio Gaber, un testo molto caro a Marco Prato e che lui stesso ha indicato come parte del repertorio da suonare durante la propria commemorazione. Eppure in quel contesto, in cui il pr siede affianco al padre, è impossibile non notare anche il riferimento alle bombolette di gas usate per cucinare. Unitamente ad un accenno alle buste di plastica usate dai detenuti per la spesa e che Marco Prato userà pochi giorni più tardi per togliersi la vita. Quei riferimenti indicavano già la volontà di Marco Prato di volersi uccidere? Oppure sono discorsi casuali, dettati dalla volontà di rendere il genitore partecipe della propria quotidianità? Clicca qui per vedere il servizio di Quarto Grado su Marco Prato.