Una lunga scia di sequestri di persona, almeno tre, tra cui quello che lo fece passare alle cronache giudiziarie, il sequestro del piccolo Farouk, 7 anni e mezzo all’epoca dei fatti (il 1992), figlio del gestore di un albergo di Porto Cervo in Sardegna. A rapirlo insieme ad altri criminali il bandito sardo Matteo Boe, uomo allora senza scrupoli, che per accelerare i tempi della consegna del riscatto non esitò a mozzare un orecchio del bambino e mandarlo ai genitori. Boe venne arrestato dopo la liberazione del piccolo senza pagamento del riscatto in circostanze poco chiare, sembra che nelle trattative venne coinvolto addirittura il boss della malavita sarda Graziano Mesina. A Boe venne data una condanna a 30 anni di carcere, poi ridotta a 25 per buona condotta. E così ieri Matteo Boe è finalmente uscito di carcere, dopo che nel 2009 era rimasto fuori dall’indulto che aveva permesso la libertà a diversi detenuti.
Lui ci era rimasto male, tanto da scrivere una lunga lettera in cui denunciava il suo caso. Dentro, le solite accuse alla differenza di trattamento tra poveri e ricchi tipo: “In tanti anni di carcere, ormai diciannove, nonostante gli innumerevoli scandali scaturiti nel frattempo dal verminaio del malaffare politico finanziario, non ho mai conosciuto nessuno dei responsabili scontare sacrosante pene per questi reati. Non potevo incontrarli perchè kie at santos in corte non morit de mala sorte”. Sicuramente c’è del vero, ma lui forse non si è mai reso conto della gravità del gesto che compì nel confronto del bambino rapito. In carcere comunque qualcosa ha imparato a fare: disegnare, tanto che un suo disegno, un uccellino su un muretto, è diventato un francobollo delle poste italiane. Poi ha fatto una intera serie di disegni intitolata “Vangelo filatelico” esposti anche in Vaticano, tanto da colpire papa Francesco e chiedere che fossero esposti al giubileo dei carcerati.