In queste ore si sta diffondendo l’attacco hacker a livello globale da parte del virus Petya e che ieri ha interessato anche la centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, provocando non pochi timori a livello internazionale. Come riporta oggi il sito Wired.it, i maggiori danni sono stati riferiti da una parte del sistema di monitoraggio delle radiazioni, il quale avrebbe smesso di funzionare. Come sappiamo, l’area circostante la centrale è ancora ritenuta attiva e fortemente pericolosa dopo il disastro del 1986 in seguito all’esplosione del reattore nucleare, ma allo stato attuale resta inutilizzabile parzialmente il sistema informatico di controllo automatico. Stando a quanto fatto sapere dalle autorità ucraine, dunque, dal prossimo martedì in alcune aree i controlli saranno eseguiti in modo manuale usando le vecchie tecnologie ed i sensori impiegati in passato. A finire offline, a causa del pesante attacco hacker è stato anche il sito web della centrale nucleare di Chernobyl sul quale sono pubblicate costantemente le informazioni sul monitoraggio dell’area in cui è ubicato l’impianto.
Stando alle ultime indiscrezioni, i sistemi interessati dall’attacco hacker operavano su sistema operativo Windows, principale bersaglio di Petya. Nello specifico, pare che i computer hackerati operassero ancora su Windows XP e che non avessero provveduto all’aggiornamento alle ultime versioni, che garantiscono una maggiore sicurezza dagli attacchi. Una squadra di esperti, in ogni caso, sarebbe già al lavoro al fine di contenere per quanto possibile i danni. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
Un nuovo virus terrorizza i pc di tutto il mondo: si chiama Petya e ha colpito anche la centrale nucleare di Chernobyl, dove sono andati “parzialmente fuori uso” i sistemi che monitorano i livelli di radiazione. Si comporta come WannaCry: disattiva i computer, rendendo inaccessibili i file, e chiede un riscatto di 300 dollari in Bitcoin. Lo ha individuato la società di cybersicurezza Group-IB, citata dall’agenzia di stampa russa Tass. Nel caso della centrale nucleare di Chernobyl, dismessa dall’incidente del 1986, sarebbero stati colpiti i sistemi di monitoraggio dell’aria dell’ambiente all’interno del sarcofago e che permettono di evitare l’eventuale fuoriuscita di materiale radioattivo. Non sono stati toccati i sistemi tecnici interni che permettono di scongiurare incidenti. L’Agenzia nazionale per la gestione della zona contaminata ha assicurato che sistemi interni tecnici della centrale «funzionano regolarmente» e invece sono «parzialmente fuori uso» quelli che monitorano «i livelli di radiazione». Il sito della centrale elettrica è inoltre inaccessibile.
La centrale nucleare di Chernobyl non è stata la prima vittima del virus informatico Petya. A denunciare l’attacco informatico è stata la compagnia danese di trasporto marittimo, energia e cantieristica navale Maersk, poi è toccato al gigante petrolifero russo Rosneft e dalla sua controllata Bashneft. In Ucraina, invece, sono state mandate in tilt compagnie come Ukrenergo e Kyivenergo, i pc dei più alti funzionari governativi, tra cui quello del vicepremier Pavlo Rozenko, la Banca nazionale, i negozi Auchan, la rete metropolitana e l’aeroporto Borispol. Il virus ora si sta diffondendo in Gran Bretagna, Francia e India: nel mirino anche Mars e Nivea. Petya, che aveva già colpito nel 2016, è tornato alla carica sfruttando una vulnerabilità dell’Smb, il protocollo Server Message Block usato per la condivisione di comunicazioni tra computer in rete. Secondo Group-IB sfrutta lo stesso codice sviluppato dall’Nsa e poi trafugato da Wannacry.