Dopo la decisione della Corte dei Diritti dell’Uomo, una famiglia italiana e cattolica ha deciso di prendere carta e penna, come ai vecchi tempi, e scrivere una lettera nientemeno che a Papa Francesco per poter salvare il piccolo Charlie Gard. Una mamma e insegnante cattolica ha deciso con la sua famiglia e una coppia di altri amici, colpiti e inorriditi dal rischio pericolosissimo di una sentenza del genere a livello europeo, chiede a Bergoglio di intervenire attivamente per poter evitare che quella dannata spina venga staccata. «Beatissimo Padre, Siamo tante madri e tanti padri di questo tempo luminoso e violento e ci presentiamo a Lei come figli che scrivono al loro papà. Con semplicità. Abbiamo il cuore straziato: tra pochi giorni uno dei nostri figli, Charlie Gard morirà per una sentenza dei tribunali britannici, in base alla quale si possono sospendere le cure a cui finora è stato sottoposto per mantenerlo in vita».



In un altro passaggio la famiglia italiana sostiene che questa piccola vita non verrà uccisa come purtroppo tanti altri in questo incattivito mondo, «questo bimbo non muore in modo a noi imprevedibile: Charlie muore per una sentenza confermata dalla Corte di Strasburgo, Corte che tutela i diritti umani in Europa». Singolare la richiesta, visto che poche righe più tardi viene chiesto al Papa non solo di intervenire attivamente ma di fare qualcosa in più, di molto più personale: «Noi ci rivolgiamo a Lei come papà e Le chiediamo: che cosa vuole che facciamo, noi suoi figli, cittadini del mondo, d’Europa, d’Italia? Ce lo dica, ci sostenga, ci conforti. Non ci lasci nel dubbio. Attendiamo un segno da Lei che possiamo cogliere per non sentirci soli in questa battaglia di preghiere che abbiamo scatenato per Charlie» Ecco qui il testo integrale della lettera a Papa Francesco. (agg. di Niccolò Magnani)



La Corte europea dei diritti dell’uomo si è allineata alla decisione dei tribunali britannici: Charlie Gard deve morire. Le cure a cui è stato sottoposto il piccolo per mantenerlo in vita vanno interrotte. I vescovi inglesi hanno definito «straziante» la decisione adottata ieri. La Conferenza episcopale inglese ha diffuso oggi una nota per commentare la vicenda, rivolgendo il pensiero ai genitori del bimbo nato con una rara malattia genetica. «Tutte le parti hanno cercato di agire con integrità e per il bene di Charlie, ciascuno secondo la sua visione», si legge nella nota. Poi la presa di posizione: «Non dovremmo mai agire con la deliberata intenzione di porre fine alla vita umana, compresa la rimozione dell’alimentazione e dell’idratazione che potrebbe provocare la morte». Qualche volta bisogna riconoscere però i limiti di ciò che può essere fatto, «mentre si agisce sempre umilmente al servizio del malato fino al momento della morte naturale». Il pensiero dei vescovi inglesi, dunque, per i genitori di Charlie, che stanno attraversando un momento difficilissimo: «Speriamo e preghiamo che, in seguito a questa decisione, possano trovare pace nei giorni e nelle settimane a venire. Incoraggiamo anche la comunità cattolica a pregare per Charlie, per i suoi genitori e per tutti coloro che si sono occupati di lui», riporta AgenSir, organo d’informazione della CEI. (agg. di Silvana Palazzo)



Intervistato da IntelligoNews il giornalista cattolico Mario Adinolfi ha reagito in maniera veemente alla decisione europea sul caso Charlie Gard, con una sfuriata a 360 gradi da cui nessuno si salva. «La vita o la morte delle persone dipenda unicamente da logiche economiche: Voglio dire che tutto questo è figlio di un clima culturale che ha reso praticabile ciò che prima era impensabile», replica il giornalista presidente del Popolo della Famiglia. «Charlie nelle prossime ore sarà ucciso per soffocamento, perché staccata la macchina che gli consente di respirare il bimbo soffocherà. Una morte disumana, determinata da un processo politico che ha deciso di sfruttare gli strumenti mortiferi come aborto ed eutanasia per tenere sotto controllo numerico la popolazione e per eliminare i sofferenti improduttivi», spiega Adinolfi che poi insiste anche in un attacco contro i cattolici europei, «dove sono? Davvero abbiamo fatto tutto il possibile perché non si arrivasse alla decisione della Corte Europea, che comunque lo ribadisco era inevitabile dal momento che l’inciviltà è ormai regolata a livello giurisprudenziale?».

Le radici cristiane hanno tenuto l’Europa ancorata ai valori della vita e della libertà, secondo Adinolfi, ma con il lento abbandono di tale rapporto e nesso i problemi sorgono e sono ingenti: «Il rovescio si è avuto nel momento in cui si è deciso di estirpare le radici cristiane dalle fondamenta dalla cultura europea ed occidentale. Oggi resta una dimensione unicamente utilitaristica dell’individuo all’interno della quale un soggetto come Charlie diventa un peso perché soggetto improduttivo per la società ma costoso in termini di welfare. Charlie viene ucciso per ragioni economiche e non per alleviargli le sofferenze come sostiene la Corte Europea». (agg. di Niccolò Magnani)

Alla fine la Corte di Giustizia Europea si è espressa: il piccolo Charlie Gard, di soli dieci mesi, non potrà continuare a vivere. E’ stata giudicata valida la sentenza del Tribunale di Londra che aveva stabilito che al piccolo dovesse essere staccata la spina e interrotte le cure, poiché affetto da una patologia neurodegenerativa, la sindrome da deperimento mitocondriale, per la quale non c’è cura. E dunque prolungare la vita di Charlie avrebbe significato solamente prolungare di conseguenza le sue sofferenze. Una decisione che va però in contrasto con quella dei genitori, che avevano deciso di tentare il tutto per tutto e continuare a dare a Charlie le cure necessarie per restare in vita, fin quando sarebbe stato possibile. Una decisione che ha causato un’ampia polemica tra il fronte pro-life e quello per il fine vita, con la vicenda finita in copertina sulle cronache di tutta Europa. Fino alla decisione della Corte Europea che potrebbe aver scritto la parola fine non solo sulla vicenda, ma anche sulla vita del piccolo Charlie.

La decisione della Corte di Strasburgo rende dunque esecutiva la sentenza del Tribunale di Londra, che aveva esaminato la documentazione inviata dai medici del Great Ormond Street Hospital, dove Charlie Gard è ricoverato. La sindrome da deperimento mitocondriale è una malattia estremamente rara, basti pensare che vi sono solamente sedici casi in tutto il mondo, il che frena anche la possibile ricerca per una cura. La sindrome causa un deperimento inesorabile della muscolatura che finisce per atrofizzarsi, impedendo anche le più elementari funzioni come la respirazione. Una condanna, con i medici dell’ospedale che hanno dunque indicato come il fine vita per il piccolo Charlie come unica soluzione per garantirgli una morte dignitosa, e mettere fine una volta per tutte alle sue sofferenze.

Indicazioni che sono state avallate dal Tribunale di Londra, ma non dai genitori del piccolo Charlie Gard, che si sono detti subito contrari alla possibilità di negare ogni possibile chance, anche la prospettiva di un miracolo, al loro bambino. Tanto che a questa decisione è seguita anche un’iniziativa pratica, una raccolta fondi per trasferire Charlie negli Stati Uniti e sottoporlo a una cura sperimentale, unica possibile soluzione per sollevarlo dalla pena della malattia che lo affligge. Charlie era nato sano neanche un anno fa, ma i sintomi della sindrome da deperimento mitocondriale non hanno avuto pietà e, dopo alcune ricerche, è apparso chiaro come il piccolo soffrisse di questa rarissima malattia neurodegenerativa. Il viaggio negli Stati Uniti sarebbe stato solo una fiammella di speranza in una situazione clinica già compromessa, ma i genitori si sono comunque opposti alla decisione del Tribunale di Londra di far calare immediatamente la scure sulla sorte di Charlie, senza provare neanche le ultimissime soluzioni, considerando anche che la colletta per tentare la cura negli Stati Uniti era andata a buon fine.

Anche dal punto di vista etico la storia di Charlie Gard ha dunque aperto un fronte particolarmente delicato: fino a quando due genitori possono essere ritenuti inattendibili nel decidere la sorte del proprio bambino? E a quale tipo di evidenza clinica bisogna arrendersi per decidere che non vi sia più nulla, definitivamente, da fare? Difficile a dirsi e la storia di Charlie Gard al momento ha fornito più domande che risposte. Si attende ora quella che sarà la reazione dei genitori del bambino alla sentenza di Strasburgo, che lascia comunque ben poco spazio alle interpretazioni. Non c’è ancora chiarezza su quando la sentenza sarà eseguita, sembra che nei prossimi giorni degli psicologi avranno dei colloqui con i genitori di Charlie, ma è chiaro che la sentenza rende questione di giorni la fine della vita del piccolo. Il dibattito durerà invece ancora a lungo, visto che si apre un precedente in cui la legge si sostituisce alla volontà dei due genitori, pur con evidenze mediche che rendono comunque aperta la questione su quale possa essere il bene del piccolo. Che purtroppo non ha mai potuto decidere per se stesso.

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