Il sentore degli inquirenti che indagano al giallo di Maria Chindamo, la donna calabrese misteriosamente scomparsa oltre un anno fa, non muta. L’imprenditrice agricola 44enne non si sarebbe allontanata volontariamente ma sarebbe stata vittima di un’aggressione e quasi certamente di un omicidio. Anche per tale ragione, si continua a cercare il corpo della donna su disposizione della procura. Le ultime operazioni di ricerca, come riporta Velvetnews.it, avrebbero interessato due mezzi movimento terra in dotazione agli uomini dei vigili del fuoco di Vibo Valentia che hanno concentrato la loro attenzione in località di Mesima, a ridosso del corso d’acqua al confine tra le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. La strada percorsa dai carabinieri, dunque, sembra essere leggermente mutata poiché ci si è allontanati sensibilmente dalla zona nei pressi di Laureana di Borrello, ovvero dal luogo in cui Maria Chindamo ha fatto perdere per sempre le sue tracce, di fronte al cancello della tenuta agricola di famiglia, dove il 6 maggio 2016 fu rinvenuta solo la sua auto con lo sportello aperto e alcune tracce di sangue appartenenti alla stessa imprenditrice e che avevano immediatamente fatto ipotizzare il peggio.
L’attenzione di chi indaga, dunque, si sarebbe spostata verso altre possibili piste, sempre alla ricerca di nuovi dettagli utili ed indizi che possano svelare che fine abbia potuto fare la donna e mamma 44enne. Le indagini proseguono, seppur nel massimo riserbo, anche se ad oggi non vi è la presenza di alcun nome nel registro degli indagati. Da poco più di un mese, tuttavia, in concomitanza con il primo anniversario della scomparsa di Maria, le indagini hanno ripreso in maniera sempre più decisa con nuove ricerche mirate al ritrovamento del cadavere della Chindamo. Un’ipotesi senza dubbio drammatica ma dalla quale si potrebbe ripartire per fare totale luce sulle ultime ore dell’imprenditrice e sui responsabili della sua sparizione.
Uno degli elementi che caratterizza il territorio dal quale Maria Chindamo ha fatto perdere le sue tracce, è l’omertà. Nessuno parla e la paura è tanta. Ecco perché è difficile dire con certezza se qualcuno abbia o meno visto o sentito qualcosa nel giorno della sparizione della donna o in quelli seguenti. Le indagini sul giallo, dunque, procedono basandosi su ipotesi, possibili piste e percezioni. Anche gli stessi operai i quali avrebbero saputo dell’arrivo di Maria nella tenuta in un orario così inconsueto, come evidenziato dal fratello Vincenzo Chindamo, hanno sempre sostenuto di non aver visto nulla. Alessandro Dimitrov, che vive all’interno della proprietà davanti alla quale è stata trovata l’auto insanguinata di Maria Chindamo, ha sempre ribadito di non aver visto nessuno, mentre il secondo operaio, originario di Rosarno, sostiene di essere giunto in ritardo nel luogo dell’appuntamento. Maria, quindi, era già stata aggredita e forse portata via. Ciò che ha permesso agli inquirenti di poter parlare di una violenta aggressione e forse di un delitto, sono proprio le tracce di sangue rinvenute sull’auto e su un muretto della proprietà. La telecamera di fronte alla tenuta casualmente quel giorno non fu funzionante.
La trasmissione di Rai3, Chi l’ha visto, nelle passate settimane ha sollevato ulteriori dubbi sulla possibile strada da seguire nel tentare di risolvere il giallo. Per farlo, ha messo in evidenzia un particolare finora mai emerso. Come sappiamo, si è scavato nella vita privata della famiglia Punturiero, ovvero dell’ex marito Ferdinando, morto suicida, senza trovare nulla, eppure un fatto avrebbe inquietato non poco. Si tratta di un cugino del marito di Maria, il quale è imputato in un processo per aver tentato di uccidere lo zio. Condannato in primo grado a 4 anni e 8 mesi di reclusione, sta ora affrontando l’Appello. A colpire è quanto ricostruito dallo zio in merito all’aggressione, molto simile a quella che vede protagonista Maria. Questo fatto avrebbe aperto la strada a nuovi dubbi: e se il movente della sparizione della donna fosse da cercare altrove?