Proseguono a tappeto le indagini sull’attentato a Manchester dopo il concerto di Ariana Grande. La polizia continua a raccogliere informazioni sui possibili legami che il kamikaze, Salman Abedi, aveva intessuto nella città dopo il suo ritorno dal viaggio in Libia, ritenuto decisivo per ottenere mezzi ed esplosivo per mettere in atto il suo terribile piano. Una nuova svolta sarebbe arrivata con l’arresto di un 24enne, che è stato fermato nella mattinata del 3 giugno nel quartiere di Rusholme e che avrebbe legami certi col terribile attentato dello scorso 22 maggio. La rete che avrebbe sostenuto Abedi nella pianificazione dell’attentato sarebbe dunque molto estesa, con la polizia di Manchester che è arrivata fino a questo momento ad arrestare ben diciassette persone che avrebbero legami con quanto avvenuto al concerto di Ariana Grande: di esse, undici sono attualmente in carcere mentre altre sei sono state rilasciate dopo gli accertamenti.



Continuano ad arrivare le testimonianze su Salman Abedi, il kamikaze di Manchester che facendosi saltare in area durante il concerto di Ariana Grande ha ucciso decine di giovanissimi fans della popstar americana, alla fine dello show. Parole particolarmente scioccanti sono state proferite da quello che si presenta come uno dei migliori amici di Abedi, per nove anni compagno di scuola del terrorista e attualmente residente in Libia. Si tratta di Mohammed Al Sharif, 23enne che ha affermato di non essere rimasto affatto sorpreso dalla scelta di Salman Abedi. Secondo Mohammed, diventare un kamikaze è stato un destino inevitabile per una persona come il suo amico, circondato dalla violenza fin dalla sua nascita e costretto a subire con la sua famiglia la repressione del regime di Gheddafi, che aveva costretto il padre di Abedi a emigrare in Inghilterra. Secondo Mohammed, infatti, l’influenza del padre è stata decisiva nella radicalizzazione di Salman Abedi.



La decisione di diventare un kamikaze per Salman Abedi, secondo la testimonianza del suo amico di lungo corso Mohammed Al Sharif, intervistato dal Corriere della Sera, non sarebbe stata dunque improvvisa ma avrebbe avuto una lunga e meditata gestazione. Ma sarebbe maturata quando nel 2011 il padre di Abedi ha riportato la famiglia in Libia per contribuire, con un gruppo di integralisti islamici, alla caduta del regime di Gheddafi. Un momento chiave per la radicalizzazione del ragazzo, che Al Sharif non ha invece vissuto essendo rientrato in Siria solo nel 2013. Mohammed ha spiegato come Abedi avesse poco a che fare con le cellule terroristiche che in Belgio avevano preparato i precedenti attentati in Francia, non solo nei contatti ma anche nel carattere e nel modo di fare. Abedi seguiva, a detta del suo amico, in maniera molto rigida la religione islamica, non beveva alcol né fumava, né tantomeno aveva contatti con la criminalità a Manchester. La sua scelta di diventare un kamikaze è stata solo il frutto delle esperienze vissute in Libia.

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