Le sanzioni, le ennesime contro la Corea del Nord mosse dall’Onu hanno lo stesso effetto di un soffio di vento: per Pyongyang si tira dritto ancora una volta, aumentando la minaccia mondiale per una guerra che potrebbe scoppiare in ogni momento, visto che lo sviluppo di armi nucleari resta il primo punto fissato dal regime di Kim Jong-un. «La Nord Corea respinge totalmente l’ultima risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU sull’estensione delle sanzioni contro Pyongyang per i lanci dei missili e senza indugio continua lo sviluppo di armi nucleari»: si legge così nell’ultima agenzia di Kcna, citando il portavoce del ministero degli Esteri di Pyongyang. Onu, Cina e Usa, nulla è servito a far desistere e accettare un dialogo diplomatico al regime comunista di Kim.



«Quali che siano le sanzioni e qualunque sia la pressione, noi non deviamo dal percorso di sviluppo delle forze nucleari, che abbiamo scelto per proteggere la sovranità del nostro paese e il suo diritto di esistere, abbiamo intenzione di procedere fino alla vittoria finale». Secondo il ministro coreano, dieto alle sanzioni dell’Onu ci sarebbe la regia comune di Usa e Cina, ma questo non fa decidete neanche per un attimo la corsa al nucleare ormai impostata da Pyongyang mesi fa. (agg. di Niccolò Magnani)



Sembra esserci un’apertura, da parte della Russia nei confronti degli Usa, in merito al dialogo legato alla questione dello scudo missilistico. E’ quanto avrebbe fatto sapere a RIA Novosti il vice ministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov. In passato, l’assistente di Trump, Christopher Ford, aveva fatto sapere come la fine della minaccia missilistica da parte di Iran e Corea del Nord avrebbe potuto avere ripercussioni anche sul dialogo legato alla difesa missilistica tra Usa e Russia. Ryabkov aveva commentato sostenendo che gli Usa stessero cercando di giustificare lo sviluppo di un programma missilistico globale con una minaccia da parte di Iran e Corea del Nord, aggiungendo: “La dinamica di sviluppo di questo sistema, la tecnologia, i test, la vastità dei finanziamenti non lasciano dubbi sul fatto che esso è stato concepito per garantire la sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati dalla minaccia russa”. Mosca si è detta pronta a discutere su questo argomento delicato non appena Russia e Usa troveranno un accordo su come ripristinare il dialogo sulla stabilità strategica. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



Lo scorso 31 maggio, il numero uno del Pentagono, il segretario alla Difesa americano James Mattis, ha lasciato gli USA per partire alla volta dei Paesi asiatici, dove lo attende una serie di visite. Stando a quanto riporta il portale Sputniknews, citando l’agenzia di stampa Reuters, lo stesso Mattis avrebbe preso atto di quanto compiuto dalla Corea del Nord negli ultimi tempi, in seguito alla sua decisione di intensificare gli sforzi per lo sviluppo di armi nucleari, anche in vista di una imminente Terza Guerra Mondiale. “Gli sforzi della Corea del Nord per sviluppare le armi nucleari e i missili non sono una novità, ma le autorità nordcoreane hanno aumentato il ritmo e la portata di questi sforzi”, ha commentato in merito il segretario. Una presa di coscienza importante, dunque, nonché la considerazione di una minaccia “reale”, al punto da giustificare con questo il dispiegamento del sistema di difesa missilistico Thaad, mirato proprio ad ostacolare le operazioni in corso da parte della Corea del Nord. (Aggiornamento di Emanuela Longo)

Arriva sempre dalla Corea del Nord la minaccia più concreta per lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale. Le parole pronunciate a Singapore dal Segretario alla Difesa Usa, Jim Mattis, hanno chiarito che la cooperazione tra gli Stati Uniti e la Cina continua, dal momento che il regime di Pyongyang rappresenta un pericolo “chiaro e attuale”. Parlando al meeting Shangri-La Dialogue, Mattis ha dunque accolto con favore il fatto che per la prima volta dall’insediamento di Donald Trump, Pechino abbia votato con Washington una mozione Onu di sanzioni nei confronti di Pyongyang. Questo, però, non significa che sia tutto rose e fiori, anzi. Mattis, infatti, da esperto stratega militare qual è, ha ribadito che gli Usa non lasceranno campo libero a Pechino nel Mare Cinese Meridionale, una porzione del Pacifico da tempo immemore oggetto del desiderio della Cina, ma anche rotta commerciale solcatissima dal Giappone e da altri paesi asiatici.

Una presenza, quella statunitense nel Pacifico, che invece ha il potere di rassicurare l’alleato giapponese. Non è un caso che sempre a Singapore, il ministro della Difesa nipponica, Tomomi Inada, abbia spiegato che “la presenza permanente degli Stati Uniti nell’India-Pacifico continua a tenere sotto controllo l’ordine della regione basato sulle regole. Accogliamo con favore la politica statunitense per rafforzare la sua posizione”. Diplomatico il commento del genrale He Lei, a capo della delegazione di Pechino, che ha dichiarato:”Credo che se la Cina e gli Stati Uniti potranno garantire che non ci sarà alcun conflitto, oltre che a mantenere il rispetto reciproco, la cooperazione e la fiducia, questo contribuirà notevolmente alla sicurezza nell’Asia-Pacifico e nel mondo”.