Il “diritto a morire dignitosamente” va assicurato ad ogni detenuto, anche a Salvatore Riina. Per questo il capo dei capi di Cosa nostra potrebbe ottenere gli arresti domiciliari. Il legale del boss aveva chiesto il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare: il ricorso è stato accolto per la prima volta dalla Cassazione. Il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva respinto la richiesta lo scorso anno, non ritenendo incompatibile l’infermità fisica di Salvatore Riina e la detenzione in carcere. Nonostante fosse malato, poteva restare in carcere. Il giudizio è stato, però, bocciato dalla Suprema corte con la sentenza numero 27.766, relativa all’udienza del 22 marzo scorso.



Il giudice deve dunque verificare e motivare «se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un’afflizione di tale intensità» da andare oltre la «legittima esecuzione di una pena». Nella sentenza della Cassazione si legge che l’ormai 86enne Riina è affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa. Inoltre, non riesce a stare seduto e per una cardiopatia è a rischio di eventi cardiovascolari infausti e imprevedibili. Per la Suprema corte l’ordinanza va dunque bocciata perché assicurare il «diritto di morire dignitosamente» che spetta anche al detenuto.



Per la Cassazione non è chiaro come l’altissima pericolosità e lo spessore criminale di Salvatore Riina debba considerarsi attuale in considerazione delle attuali condizioni di salute del boss corleonese. Il vecchio e malato Riina non rappresenterebbe più un pericolo pubblico e, quindi, ora – come riportato da Il Fatto Quotidiano – il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà decidere nuovamente sulla richiesta del difensore del capo assoluto di Cosa nostra.

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