Con l’arresto di Angelo Matà, nei giorni scorsi si è vissuta una clamorosa svolta nel giallo di Maria Concetta Velardi, la donna uccisa nel cimitero di Catania nel 2014. Del caso tornerà ad occuparsene anche questa sera la trasmissione Chi l’ha visto, dopo l’ultima puntata della passata settimana. Tanti gli indizi che, secondo gli inquirenti, porterebbero a confermare la colpevolezza del 44enne a partire dalla presenza di tracce di sangue della vittima sui suoi stessi abiti. Lui, intanto, al cospetto del Gip si è difeso asserendo di non essere l’assassino della madre e trovando una giustificazione anche alla presenza del suo Dna sotto le unghie della vittima: “Eravamo sempre in contatto”. Lo rende noto il portale La Sicilia all’indomani dal suo arresto. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, Angelo Matà avrebbe fornito la sua versione dei fatti del tutto differente rispetto alle gravi accuse a suo carico. “Ha contestato ogni accusa dichiarandosi totalmente estraneo e di non avere commesso alcun reato”, ha commentato il suo legale difensore, l’avvocato Maurizio Magnano, il quale tuttavia non ha rilasciato invece alcuna dichiarazione in merito alle spiegazioni fornite al Gip dal suo assistito. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



E’ trascorsa già una settimana dall’arresto di Angelo Matà, il figlio della donna uccisa nel 2014 nel cimitero di Catania. Maria Concetta Velardi sembra sia stata uccisa proprio dal 44enne, che è stato collocato sulla scena del crimine a tre anni dall’orribile tragedia. Angelo Matà, sottufficiale della Marina Militare, aveva inizialmente lanciato un appello tramite i media nazionali per trovare il responsabile della morte della madre.



Questa sera, Chi l’ha visto ripercorrerà il caso analizzando quali prove ci siano a carico dell’uomo. Secondo quanto appurato dagli inquirenti, sarebbe stato infatti Angelo Matà a sollevare una grossa pietra presente nel cimitero catanese ed a sollevarla più volte sulla testa di Maria Concetta Velardi. La polizia scientifica, sottolinea La Sicilia, avrebbe infatti trovato le tracce biologiche rilevate sulla scena del crimine. 

Angelo Matà è colpevole dell’omicidio di Maria Concetta Velardi? Secondo gli inquirenti sì, dato che sugli abiti dell’uomo sarebbero state rilevate anche delle tracce di sangue della vittima. Secondo le prime ricostruzioni, tutto sarebbe scaturito da una lite fra madre e figlio, che si è conclusa poi con la morte di Maria Concetta Velardi. Una morte brutale, soprattutto alla luce delle azioni successive imputate al figlio.



La ricostruzione dei fatti già all’epoca collocava Angelo Matà sulla scena del crimine, ma in un orario successivo a quello del delitto. Il ritrovamento del corpo della vittima è stato infatti possibile grazie al figlio, che in seguito ha chiesto aiuto al custode del cimitero di Catania. Un tentativo, secondo gli inquirenti, per depistare le indagini, che inizialmente esclusero a priori l’ipotesi di una rapina finita male. 

La versione raccontata da Angelo Matà riguardo alla morte della madre Maria Concetta Velardi ha previsto anche l’accusa di due presunti criminali. La sua versione puntava infatti sulla possibilità che fra gli assassini della madre ci fosse anche una donna e che quest’ultima avesse aiutato il complice a mettere in atto il delitto. Per questo, in seguito Angelo Matà ha fatto richiesta al Tribunale di poter riesumare il corpo della madre, convinto che alcuni graffi presenti sulla schiena della vittima potessero rivelare indizi importanti.

Una richiesta che tuttavia non gli è mai stata accordata. Secondo gli inquirenti invece Angelo Matà avrebbe ucciso Maria Concetta Velardi per via di una lite, dovuta al rancore che il 44enne provava per la madre. Le attribuiva infatti il proprio fallimento personale ed in seguito al delitto, avrebbe trascinato il corpo della donna lungo un corridoio fra le cappelle, per poi spaccarle la testa con una pietra lavica. L’autopsia del medico legale ha evidenziato come la morte di Maria Concetta Velardi sia stata agghiacciante e straziante: la donna è morte infatti dopo circa 40 minuti di terribile agonia.