Non ha dubbi Maurizio Costanzo: Totò Riina deve morire in carcere. Lo afferma senza esitazioni, anzi con quella rabbia che scaturisce dalla sorpresa per una domanda che in realtà non andava neppure posta. «Giovanni Falcone è morto con dignità? E Paolo Borsellino?», ha replicato anzi con durezza nell’intervista rilasciata a Il Giornale. La decisione della Cassazione, che ha aperto alla scarcerazione del capo assoluto di Cosa nostra, sta facendo a dir poco discutere. «È la decisione più assurda del 2017», il commento del giornalista e conduttore televisivo. Il dibattito intanto infiamma l’opinione pubblica, che ricorda le atrocità commesse dal boss mafioso come se fossero avvenute ieri. «Le persone cementate nei piloni sono morte con dignità? Glielo chiediamo ai parenti? E il bambino sciolto nell’acido?», rincara la dose Maurizio Costanzo, che non ha bisogno di prendere posizione in una vicenda nella quale non ci sono per lui schieramenti tra cui scegliere.
La durezza di Maurizio Costanzo nei confronti di Totò Riina è dettata anche dal fatto che ha un conto aperto col boss e la mafia in generale: proprio il suo impegno per combatterla fu la causa dell’attentato del 14 maggio 1993, quando una Fiat Uno imbottita di 90 kg di tritolo esplose in via Ruggiero Fauro, vicino al Teatro Parioli. Al momento dell’esplosione erano in transito due vetture, tra cui quella in cui sedeva Maurizio Costanzo con Maria De Filippi. Non ci furono vittime, ma le indagini successive accertarono che l’attentato fu pianificato perché il giornalista era uno dei principali obiettivi da eliminare per Cosa nostra. «Avevo bruciato davanti alle telecamere una maglietta di Cosa nostra. Riina vide e commentò: “Questo Costanzo mi ha rotto i c…”. Quella fu la mia condanna a morte. Se l’attentato avesse avuto successo, chi l’avrebbe spiegato ai miei figli?», ha spiegato a Il Giornale. Quei pochi secondi di incertezza del mafioso che doveva premere il bottone furono la loro salvezza.
Un principio del diritto è stato applicato: così coloro che approvano la decisione della Cassazione su Totò Riina spiegano la scelta dei magistrati. Neppure questa versione, però, convince Maurizio Costanzo, che tira in ballo gli altri boss mafiosi morti in carcere: «Bernardo Provenzano, per esempio, è andato all’altro mondo mentre era al 41 bis». Il giornalista e autore televisivo ammette di non riuscire ad avere alcun briciolo di pietà nei confronti del capo assoluto di Cosa nostra: «Per me Riina può morire tranquillamente in carcere». Se esce dalla galera, Cosa nostra può fortificarsi, anche se si tratta di un malato terminale. «Che muoia in carcere. E poi in galera si viene curati». Impossibile voltare pagina: lo Stato deve dare un segnale ai cittadini e in particolare ai parenti delle vittime. «Lo Stato deve ascoltare anzitutto i parenti delle vittime che soffrono ancora», ha concluso Maurizio Costanzo a Il Giornale.