Staranzano, ridente località della provincia di Gorizia. Zona di confine, parola desueta, per motivi storici, parola insieme abusata, nella logica buonista e irreale del no limit. Ma ci sono confini che non si possono facilmente valicare. Il capo scout del gruppo Agesci locale si è sposato col consigliere comunale. Un consigliere comunale, qui non usiamo il termine generico per indicare l’uno e l’altra, ma solo l’uno. Il signor Luca Bortolotto. 



Il parroco, ci dicono le agenzie già palesando il disappunto dell’opinione pubblica, non l’ha presa bene. Nella Chiesa accogliamo tutti, ha detto. Ma un conto è accogliere, un conto affidare un ruolo di educatore a chi non condivide le finalità della Chiesa, la sua dottrina. La famiglia che ci indica la Chiesa, anzi ben prima della Chiesa, Gesù, è quella tra un uomo e una donna uniti in matrimonio. Punto. Quindi sposa chi vuoi, caro Akela, ma lascia la guida del reparto scout. 



Naturalmente il parroco ha avvisato il suo vescovo, che dovrà vedersela, al solito, con le pressioni mediatiche improntate al politically correct, anche quelle locali. Il sindaco infatti si è peritato subito di dichiarare che la cerimonia nuziale da lui celebrata è stata festosa e felice. Nessun dubbio. I dubbi sorgono sulla chiarezza educativa oggi di un’esperienza formativa bella, importante. Perché ricordiamo alcune cosiddette aperture, qualche tempo fa, in una Carta dopo il grande raduno internazionale scout in Toscana, in cui si parlava, con una certo equilibrismo confuso, di famiglia intesa come qualunque nucleo di rapporti basati sull’amore e sul rispetto. 



Dagli scout cattolici italiani si chiederebbe un’adesione alle parole del magistero, del papa. Lo sottolineo, del papa, perché secondo una lectio diffusa il papa attuale avrebbe cambiato il magistero spalancando di fatto le porte al matrimonio omosessuale. L’amore è l’amore, se è duraturo, poi… Sappiamo bene che l’Amoris Laetitia, un testo magistrale, nel senso di denso, intenso, toccante, non dice nulla di tutto ciò, non cambia di una virgola la dottrina. Chiede di abbracciare le difficoltà e i percorsi a volte tortuosi, senza chiudere porte, abbandonando per nostra responsabilità un figlio di Dio lontano dalla sua Chiesa. Ma resta vero che “maschio e femmina li creò”, che la famiglia di Nazareth è una sola, e che Gesù non ha parlato di omosessualità non perché nessuno si è preso la briga di tramandarlo ai posteri, ma perché non ha ritenuto di parlarne, essendo Lui figlio di Israele, fedele alla Bibbia e ai suoi insegnamenti. Il che non significa condannare, ma discernere sì: e il discernimento è parte della ragione, che è data anche ai cristiani, per fortuna. Discernere si può e si deve.

Per esempio che un cattolico, che si pone a maestro dei suoi ragazzi, se proprio scopre di avere (improvvise?) pulsioni omosessuali anzitutto stia lontano dai ragazzi, e lo dico senza sospetto. Perché non può insegnar loro a rispettare le vie indicate dalla Chiesa. Poi, se proprio non riesce a vivere in castità, come tanti omosessuali cattolici imparano a fare (e non omosessuali, che sono ben di più…) si sposa senza troppe fanfare, senza esibizioni pubbliche quasi a voler forzare la mano, imbarazzando parroco, vescovo e compagnia. Non resta che sperare in una presa di posizione dei capi scout nazionali. Per capire cosa significa, per loro, essere cattolici.