All’indomani dall’attacco a Teheran nel quale ieri sono morte 13 persone, quest’oggi l’Iran ha accolto la promessa del presidente Rouhani intenzionato a dare battaglia al terrorismo, alla violenza ed all’estremismo. Il doppio attentato in Iran è stato commentato anche da Donald Trump il quale, come riporta RaiNews, è intervenuto seppur tardivamente con un commento che non sarebbe affatto piaciuto al ministro degli affari esteri dell’Iran, Zarif, definendo le sue parole “ripugnanti”. Secondo Trump, l’Iran nel sostenere il terrorismo avrebbe provocato il doppio attacco. Parole gravissime secondo Zarif, il quale con un tweet ha espresso la sua opinione in merito: “Ripugnante dichiarazione della Casa Bianca e sanzioni del Senato mentre gli iraniani combattono il terrorismo appoggiato dai clienti degli Usa”. A sua detta, i veri sostenitori del terrorismo sarebbero gli alleati di Washington, tra cui l’Arabia Saudita, con cui Trump ha recentemente concluso un accordo militare milionario. Come reso noto dal vice segretario del Consiglio nazionale Supremo della Sicurezza dell’Iran, Reza Seifollahi, gli uomini del commando erano cittadini iraniani entrati nell’Isis. Quello di ieri è definito il primo attacco rivendicato ufficialmente dall’Isis in Iran. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



Arrivano le prime conferme dal ministero dell’Interno iraniano: l’attacco terroristico avvenuto ieri a Teheran ha visto in azione almeno 5 attentatori dello Stato Islamico. Le perplessità rispetto alla rivendicazione Isis arrivata praticamente subito ieri durante gli attentati molteplici al Parlamento e al mausoleo di Khomeini, viene dunque fugata con le ultime novità che arrivano da Teheran. Il conto dei morti diventa 13, purtroppo, mentre appunto molti terroristi vengono identificati come soldati dello Stato Islamico con le ultime indagini dell’intelligence iraniano. «Le cinque persone coinvolte negli attacchi terroristici avvenuti ieri a Teheran avevano combattuto per l’Isis»: secondo Teheran, i cinque attentatori avevano lasciato l’Iran negli scorsi mesi per andare a combattere con Daesh sia in Iraq a Mosul che in Siria a Raqqa. I nomi ancora non sono stati resi noti, per motivi di intelligence, ma resta il dato che i cinque fossero legati da tempo allo Wahabismo.



A sorpresa, le indagini non arrivano a puntare il dito contro l’Arabia Saudita, come avvenuto nei primi momenti dopo l’attentato: « I cinque dopo avere lasciato l’Iran per andare a combattere con l’Isis a Mosul e a Raqqa, sono poi ritornati sui loro passi lo scorso agosto sotto il comando di un leader dell’Isis e nuovamente fuggiti», spiega l’Ansa dimostrando come Riad, forse, non c’entri davvero nulla con gli attentati. (agg. di Niccolò Magnani)

L’attentato dell’Isis a Teheran lascia aperta la porta a molte domande: dopo aver illustrato i fatti di cronaca, con la sede del Parlamento ed il mausoleo dell’Ayatollah Komehini assaltati, il mondo si interroga sul significato che può avere un assalto da parte dello Stato Islamico ad un paese profondamente musulmano, e in grande tensione contro il “nemico” Stati Uniti, come l’Iran. Secondo molti osservatori internazionali, non è un caso che l’attacco sia avvenuto all’indomani della chiusura delle frontiere verso il Qatar, accusato di finanziare Daesh, da parte dello stesso Iran, dell’Arabia Saudita, del Barhein e degli Emirati Arabi. Una rottura dei rapporti diplomatici avvenuta pochi giorni dopo la visita del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in Arabia Saudita, con un accordo per forniture militari che ha superato i cento miliardi di dollari.



Aver colpito i simboli principali di un paese come l’Iran è un segnale forte da parte dell’Isis, innanzitutto nella guerra ormai devastante e sanguinosa che nella zona contrappone sciiti e sunniti. Ma è su tutto il Medio Oriente che potrebbero ripercuotersi le tensioni di quanto accaduto a Teheran. Per l’Iran il pesante bilancio di 12 morti e 42 feriti dovrà portare delle risposte verso la popolazione, anche se l’antiterrorismo locale nella stessa giornata di mercoledì ha sventato ulteriori attacchi che avrebbero potuto rendere ancor più pesante il bilancio. Tra Iran e Arabia Saudita non corre al momento buon sangue, e Teheran crede che ci possano essere comunque responsabilità saudite negli attentati, considerando l’avversità di Trump verso l’Iran ed il recente patto dell’Arabia Saudita con gli USA. I fili mossi dal Qatar restano però quelli mantenuti maggiormente sotto osservazione, visto che la chiusura diplomatica verso l’emirato che ospiterà i Mondiali di Calcio del 2022 potrebbe avere anche pesanti conseguenze economiche. E l’Iran rappresenta una pedina inedita, e potenzialmente imprevedibile, nello scenario della lotta al terrorismo dell’Isis.