Tempi duri per chi si concede un sonnellino sul posto di lavoro. Stanchezza o no, gli amanti della “pennichella”, se sorpresi a indulgere alla loro abitudine sul posto di lavoro, rischiano di perdere la loro occupazione. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, per quanto possa essere intuitivo il fatto che dormire sul posto del lavoro non comporti certo una candidatura come impiegato dell’anno. La sentenza che ha ribaltato la decisione della corte d’appello di L’Aquila, in Abruzzo, che aveva riabilitato un addetto alla vigilanza della Società Autostrade sorpreso a dormire durante il suo turno. Non c’è interpretazione, ma solo licenziamento su due piedi visto che la pennichella sul posto del lavoro non è altro che un venir meno in modo plateale ai propri problemi: senza considerare la delicatezza dei compiti a cui un addetto alla sicurezza delle Autostrade dovrebbe adempiere.
La pennichella sul posto di lavoro è dunque contraria ai doveri del “minimo etico”, i doveri che ogni lavoratore deve rispettare nel contratto con il proprio datore di lavoro. Per l’addetto alla società delle Autostrade sorpreso da un colpo di sonno nel bel mezzo delle sue performance lavorative, non è dunque sufficiente una multa e una trattenuta sullo stipendio, visto che i giudici della Corte di Cassazione hanno considerato anche i danni che una dormita durante il turno di lavoro avrebbe potuto procurare, viste le specifiche mansioni che in questo caso aveva il lavoratore. Che doveva servirsi di un’automobile di servizio per pattugliare le strade e rimuovere, chiamando eventualmente rinforzi, i detriti rimasti sull’asfalto dopo eventuali incidenti. Invece l’addetto alla vigilanza non ha fatto altro che approfittare dell’auto di servizio per schiacciarvi dentro il più classico dei pisolini, con la complicità di un collega con il quale era solito darsi il cambio. Sorpreso, l’impiegato era stato prima licenziato e poi riabilitato, fino alla sentenza della Corte di Cassazione.