Emergono alcune novità sul giallo di Roberta Ragusa, rese note dal giornalista del Corriere, Fabrizio Peronaci, sul suo gruppo Facebook dedicato al “Giornalismo Investigativo”. A detta del cronista, i Carabinieri di Pisa sapevano dell’esistenza della pista del boschetto: “Erano stati informanti dalla loro fonte confidenziale”, ha asserito, riportando poi la prova rappresentata dagli sms che proverebbero appunto la collaborazione. In riferimento alla pista del boschetto, una vigilessa lo aveva indicato come il luogo della sepoltura di Roberta Ragusa. La fonte confidenziale che lo rivelò alle forze dell’ordine fu proprio Luigi Murò, ora a processo per truffa. Per alcuni organi di informazione si tratterebbe di un test inaffidabile. “Macché, non è così. O almeno così non parrebbe, stando alle prove che questo Gruppo di Giornalismo investigativo è in grado di produrre”, ha proseguito Peronaci. Murò, in realtà, secondo quanto riferito dal giornalista, “veniva al contrario considerato dagli inquirenti persona ben introdotta, in grado di acquisire informazioni utili a risolvere il giallo della sventurata Roberta”. Una collaborazione con l’Arma del tutto informale, come precisa ancora Peronaci e come trapela dai messaggi che il 61enne avrebbe scambiato con un maresciallo dei carabinieri.

Il giallo sulla sparizione misteriosa di Roberta Ragusa ha avuto un’enorme eco mediatica e proprio nel corso di alcune trasmissioni televisive ha trovato spazio anche Luigi Murò, un 61enne considerato una fonte attendibile nel giallo della mamma di Gello di San Giuliano Terme e che avrebbe fornito, a sua detta, spunti investigativi interessanti. Oggi, tuttavia, il suo nome ricompare ma per un’altra vicenda ripresa dal quotidiano Il Tirreno: l’uomo, insieme alla moglie 57enne Maria Grazia Rossi, sarebbero stati citati a giudizio per truffa in concorso. Il teste, che secondo il quotidiano non sarebbe mai di fatto entrato nell’inchiesta dei Carabinieri restando così solo un testimone “televisivo”, è accusato ed a processo per aver truffato via web un potenziale acquirente, in concorso con la moglie. Murò, infatti, secondo l’accusa avrebbe messo in vendita un cellulare al costo di 500 euro ma, dopo aver ricevuto il denaro, avrebbe inviato al malcapitato una scatola contenente una bottiglia di acqua da mezzo litro. Questa volta, dunque, il caso di Roberta Ragusa c’entra ben poco ma inevitabilmente è saltato nuovamente al centro dell’attenzione per uno dei numerosi personaggi che sono entrati, seppur in modo indiretto, nella vicenda.

Nei giorni scorsi, la difesa di Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa, scomparsa nel gennaio 2012 dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme, ha presentato ricorso alla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. L’intento dei due avvocati, Roberto Cavani e Saverio Sergiampietri, è quello di ribaltare la sentenza del giudice Elsa Iadaresta con la quale lo scorso 21 dicembre ha condannato alla pena di 20 anni di reclusione Antonio Logli, ritenuto il responsabile dell’omicidio di Roberta Ragusa e della distruzione del suo cadavere. A detta del gup di Pisa, dunque, dietro la scomparsa della donna e mamma toscana ci sarebbe un atroce delitto perpetrato proprio dal marito della stessa. Come rivela il quotidiano online La Nazione, sono circa un centinaio le pagine con le quali la difesa del contitolare dell’autoscuola Futura ed elettricista della Geste cercherà di dimostrare l’estraneità del proprio assistito rispetto alle gravi accuse che si sono tramutate in condanna al termine del breve processo in primo grado a carico dell’unico indagato.

Una condanna ritenuta sin da subito poco severa e che tuttavia ha destato non poco scalpore dal momento che lo stesso giudice Iadaresta ha imposto il solo obbligo di dimora nelle ore notturne (ovvero il divieto di uscire di casa nella fascia oraria 21-6) presso la sua abitazione, la medesima nella quale potrebbe essere stata uccisa Roberta Ragusa. Nessun carcere, al momento, per Antonio Logli che non può però allontanarsi dai comuni di San Giuliano Terme e Pisa. Lo scorso febbraio, inoltre, i giudici fiorentini del Riesame avevano affiancato all’obbligo di dimora notturno a suo carico anche il divieto di espatrio e una “reperibilità”, consistente nell’indicazione preventiva dei luoghi in cui l’uomo sarà rintracciabile.

Tornando al documento relativo al ricorso appena presentato, sono numerosi gli elementi contestati dalla difesa dell’indagato per l’omicidio di Roberta Ragusa, a partire dall’attendibilità dei due testimoni chiave. A detta dei due legali difensori di Logli, infatti, Loris Gozi e Silvana Piampiani avrebbero avanzato dei racconti tardivi e contraddittori, per cui non sarebbero del tutto attendibili. Dopo le dure parole del giudice Iadaresta, contenute nelle 134 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna a carico del presunto assassino di Roberta Ragusa, la difesa di quest’ultimo spera di poter dimostrare nel corso dell’Appello l’innocenza dell’uomo. La Corte d’Assise d’Appello sarà composta da otto membri, ovvero due giudici togati (il presidente ed il giudice a latere) e sei popolari. Il folto fascicolo d’inchiesta sulla sparizione di Roberta Ragusa e composto da oltre 12 mila pagine, proprio in questi giorni dovrebbe arrivare presso gli uffici dei magistrati fiorentini, in attesa di conoscere la data di inizio del processo di secondo grado a carico di Antonio Logli. Secondo le indiscrezioni e le previsioni, potrebbe essere fissato già il prossimo autunno per poi essere celebrato con l’inizio del nuovo anno presso il tribunale di Firenze.