“L’omofobia è un peccato”, e poi, “la Chiesa accolga i gay”: tesi forti, forse rese più forti dalla stampa pro-Lgbt per rimarcare il fatto di una Chiesa “nuova” che si contrappone ad una Chiesa “vecchia”. Invece quanto dice James Martin, gesuita bergogliano consulente principale del nuovo film di Martin Scorsese, “Silence”, nel suo nuovo libro non è poi così distante da quanto lo stesso Gesù Cristo nel Vangelo va predicando. L’omosessualità è da condannare come pratica, ma non si può per nessun motivo condannare il “peccatore”: Martin va oltre, nel senso che a domanda specifica del vaticanista di Repubblica, Paolo Rodari, spiega il perché nella Chiesa oggi vi sia un grande problema di fondo che è appunto l’omofobia. Non l’unico certo, ma un problema esistente: e questo ha scatenato in questi giorni l’“incredulità” e le scene di giubilo sui social per una “nuova” Chiesa che attacca la “vecchia”. Me vediamo cosa ha detto davvero Martin, presto nelle librerie con il nuovo libro “Building a bridge” (innegabile la dedica a Papa Francesco) dedicato all’accoglienza delle persone Lgbt all’interno della Chiesa.



«La stessa cosa che tutti vogliono, sentirsi a casa. Dobbiamo ricordare che, a causa del loro battesimo, i cattolici Lgbt sono già parte della Chiesa come il Papa, il loro vescovo locale o io. La Chiesa è la loro casa, ma a volte non agisce come se lo fosse. A volte agisce come una fortezza progettata per tenerli fuori». Sempre nell’intervista a Repubblica, il gesuita rilancia sul tema dell’omofobia ecclesiale, affermando: «È oggi uno dei principali peccati della Chiesa. Ho sentito innumerevoli storie da parte di cattolici Lgbt insultati dai loro preti, in persona o dal pulpito, a cui è stato persino chiesto di lasciare la parrocchia. È una cosa straordinariamente dolorosa da ascoltare. Gran parte di ciò deriva dalla paura. Paura della persona che non capiamo. Paura della persona che non abbiamo incontrato. Paura della persona che vediamo secondo stereotipi. Questo rende più difficile amare».



Alle accuse ricevute per la sua apertura al mondo Lgbt, Martin risponde che «Se hanno un problema col non giudicare le persone Lgbt in quanto persone, allora hanno un problema con papa Francesco. E se hanno un problema con l’amore, la misericordia e la compassione, allora hanno un problema con Gesù». Il gesuita che ha sostenuto con forza le tante tesi importanti e discutibili presenti all’interno del film “Silence” riporta anche gli insegnamenti di Gesù nel Vangelo, spiegando che «Durante il suo ministero pubblico, Gesù frequentava spesso coloro che si trovavano ai margini, nelle ‘periferie’ come dice papa Francesco. Basta considerare alcune persone che ha conosciuto durante il suo ministero pubblico: un centurione romano, un esattore delle tasse, una samaritana. Gesù va costantemente verso le periferie, spostando i suoi discepoli sempre più verso l’esterno, e portando sempre più dentro quelli che sono fuori». Un appunto ci resta rispetto a quanto afferma Martin verso la conclusione della sua intervista: «a mio avviso, il primo gruppo di cattolici che Gesù andrebbe a cercare oggi sono i più emarginati: le persone Lgbt».



Si può davvero dire che le persone più emarginate e discriminate nel mondo della Chiesa sono i Lgbt? Una tesi discutibile e discussa, come tante ve ne sono nel film Silence, e che può certamente essere dibattuta e controbattuta. Ma resta un fatto; l’accoglienza per tutti è un punto chiave non del Pontificato di Papa Francesco, ma dell’opera di testimonianza del Cristianesimo stesso. Tutti, dai Lgbt fino ai poveri, dai “ricchi” fino ai dubbiosi nella fede: l’uomo in quanto creatura tende e vive il dissidio del Mistero dentro di sé. Iniziare ad accettarlo senza alzare barricate ci sembra la maniera più “umana” possibile di vivere in un mondo pieno di contraddizioni e ipocrisie come questo.