Una bambina di 5 anni è stata adottata dalla partner della mamma, ma è tenuta a frequentare anche persone eterosessuali. La “clausola” è stata inserita dal Tribunale dei minorenni di Venezia contestualmente alla concessione dell’adozione. Il giudice ha raccomandato il rispetto dell’identità di genere della bambina «per permetterle uno sviluppo adeguato e avere l’opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale». Si tratta di una sorta di clausola educativa con la quale tutelare lo sviluppo psicofisico della bambina. Questa raccomandazione però manifesta implicitamente un dubbio sulle adozioni gay. E allora è destinata ad aprire un nuovo capitolo nella ricca serie di sentenze a favore di genitori omosessuali da parte dei tribunali italiani.
La madre biologica della bambina, partorita con il seme di un donatore anonimo, è unita civilmente grazie alla legge Cirinnà alla sua compagna 37enne, che ha chiesto l’adozione del figlio del partner. La norma, però, non prevede ciò, visto che la stepchild adoption è stata stralciata all’ultimo momento, ma le due donne si sono rivolte al Tribunale dei minorenni per veder riconosciuto quello che ritengono essere un loro diritto. La madre biologica della piccola temeva che la bambina potesse essere tolta alla compagna in caso di un suo malaugurato decesso, da qui il ricorso al tribunale, la cui sentenza è stata favorevole.
Nonostante non esista una legge che preveda l’adozione per le coppie omosessuali, è arrivato dunque questo provvedimento. Il giudice però ha espresso le proprie cautele, chiedendo il rispetto del normale sviluppo psicofisico della bambina e del suo naturale orientamento, attraverso la frequentazione anche di famiglie con un papà e una mamma. Per l’avvocato della coppia si tratta di «un brutto scivolone», mentre c’è chi ritiene si tratti solo di prudenza.