Quella che andrà in scena oggi, presso la Corte d’Assise di Udine sarà un’udienza particolarmente importante nell’ambito del processo sul duplice delitto di Trifone e Teresa. I giudici, infatti, hanno convocato per la seconda volta in aula Sergio Romano e Daniele Renna, già sentiti in qualità di testimoni in due lunghe e complesse udienze precedenti. Si tratta dei due giovani, ex coinquilini ed ex commilitoni di Giosuè Ruotolo, unico imputato, ma che per un certo periodo hanno condiviso il medesimo appartamento anche con Trifone, il militare pugliese ucciso insieme alla fidanzata il 17 marzo 2015. Renna e Romano avevano ampiamente illustrato il tipo di legame che c’era con Ragone, ma non immaginavano, forse, di essere poi tirati nuovamente in ballo da Giosuè qualche udienza dopo, quando ammise di aver creato il finto profilo Facebook “Anonimo anonimo”, ribadendo la complicità dei due inquilini.
Oggi, dunque, andrà in scena l’attesissimo confronto, un faccia a faccia che potrebbe anche riservare importanti colpi di scena in quello che appare essere il passaggio più importante dell’intero dibattimento, in quanto l’accusa rivede proprio nel profilo Facebook e nelle moleste a Teresa il movente del duplice delitto. Dopo la scoperta del vero autore delle chat, Trifone lo avrebbe minacciato di denunciarlo oltre che aggredirlo fisicamente. Un affronto che non sarebbe andato giù a Ruotolo al punto da meditare un’atroce vendetta.
Il giallo attorno all’uccisione di Trifone Ragone e Teresa Costanza, la coppia di fidanzati freddati a colpi di pistola nel marzo 2015 a Pordenone, continua a non dare pace ai familiari delle due vittime. Mentre il processo a carico di Giosuè Ruotolo si avvia verso le sue battute finali, il padre del militare pugliese ucciso rievoca una telefonata avuta con il figlio solo pochi giorni prima del delitto. Una conversazione importante e che getterebbe nuove ombre sull’unico imputato, il 27enne ex militare di Somma Vesuviana, il quale ha sempre proclamato la sua totale innocenza. “Trifone mi aveva detto che qualcuno minacciava Teresa e che lo avrebbe denunciato appena si fosse trasferito a Milano”, ha rivelato il padre del giovane ucciso, in una recente intervista rilasciata in esclusiva al settimanale Giallo. “Solo dopo la sua morte ho capito che si riferiva a Giosuè”, ha aggiunto. A sua detta, Trifone fu ucciso a due giorni dalla partenza dalla stessa persona che non voleva che facesse quella denuncia.
Ad aver dato molto fastidio al militare di Adelfia, erano proprio le azioni di stalking contro l’amata fidanzata e delle quali ne aveva parlato al padre Francesco. Il riferimento è chiaramente al finto profilo Facebook creato da Giosuè Ruotolo, come dallo stesso ammesso in aula nel corso del processo, e dal quale partirono diversi messaggi anonimi continenti minacce ed offese destinate a Teresa, al solo scopo di dare una cattiva immagine di Trifone e convincerla a lasciarlo. “E’ stato ucciso poco prima di partire proprio per non dargli la possibilità di denunciare le tre persone che avevano ideato il profilo Facebook per importunare Teresa”, ha asserito il padre di una delle vittime. Oltre a Ruotolo, infatti, Trifone aveva capito che dietro quel profilo social anonimo vi erano anche i suoi due ex coinquilini, Daniele Renna e Sergio Romano. Ragone li aveva affrontati tutti e tre, ma mentre i primi due quasi certamente gli avevano chiesto scusa, pentendosi per quanto fatto, Ruotolo si sarebbe ribellato facendo adirare ancora di più l’ex commilitone. Da qui la minaccia da parte di Trifone di denunciarlo presto.
Il padre di Trifone Ragone non ha dubbi: dopo essere stato picchiato e minacciato di essere denunciato, Giosuè Ruotolo avrebbe iniziato a progettare il suo piano omicidiario. Ma da dove nasceva il presunto odio covato da Giosuè nei confronti dell’ex coinquilino? Secondo il padre del militare pugliese, oltre ad avercela con lui per essere stato picchiato, temeva fortemente in una denuncia per stalking e peculato, dal momento che il profilo era stato creato da un pc della caserma nella quale l’imputato prestava servizio. “Ruotolo sapeva che Trifone lo avrebbe denunciato una volta arrivato a Milano. Ecco perché lo ha ucciso prima della partenza, eliminando anche Teresa in quanto scomoda testimone”, insiste il padre della vittima. La denuncia, infatti, sarebbe scattata proprio una volta giunto a Milano, dove Trifone aveva un amico che lavorava in polizia postale e già a conoscenza dell’incresciosa vicenda che aveva coinvolto l’amata fidanzata.
Durante la conversazione con il padre, però, il giovane non fece mai alcun nome e solo dopo il duplice delitto del 17 marzo 2015 nella mente dell’uomo è riaffiorato questo incredibile ricordo che ora potrebbe costare caro all’imputato, in vista di un confronto che lo vedrà protagonista con gli altri due ex coinquilini, dallo stesso tiranti in ballo in una precedente udienza, quando ammise di aver creato il profilo anonimo con la loro collaborazione. L’atteso confronto in aula è stato fissato lo scorso giugno per la giornata odierna e potrebbe riservare nuovi colpi di scena.