Anche Mike Pence è intervenuto sul caso di Charlie Gard. Intervenuto ai microfoni di programma radiofonico statunitense, il vicepresidente americano ha invitato tutti a pregare per il bambino britannico affetto da una malattia genetica rara: «Speriamo che venga ai suoi genitori venga riconosciuta la libertà di scelta». Il vice di Donald Trump ha poi colto l’occasione per spiegare che il sistema sanitario statunitense è invece fondato sulla scelta individuale. Per Pence la questione è infatti tutta qui, attorno alla libertà: «I genitori di Charlie Gard sono sottomessi ad un programma di governo che vuole togliere la vita ad un bambino di undici mesi perché si è deciso che le sue prospettive di vita non meritino una chance». Il caso di Charlie Gard è dunque seguito con attenzione anche dall’altra parte dell’oceano: «Speriamo e preghiamo affinché la sua famiglia possa decidere per suo figlio». (agg. di Silvana Palazzo)
Ne lungo memoriale rilasciato da Connie Yates, la mamma di Charlie Gard, al settimanale “Oggi” vengono raccontati nel dettaglio i primi angoscianti momenti della malattia del piccolo figlio nato solo 10 mesi fa: «Charlie era un bambino perfetto, sorrideva al papà, ero pazza di gioia. Poi, a sei settimane comincio’ a rifiutare il mio latte, perdeva peso. E quando lo prendevo in braccio sembrava si afflosciasse, senza tono», racconta la mamma, sottolineando come le prime prognosi dei medici non sembravano alla coppia così gravi. «Se si sa cos’è, si potrà curare», si dicevano Chris e Connie Gard, ma purtroppo non fu così con la deplezione da Dna mitocondriale che stroncò molte speranze agli stessi medici inglesi di poter salvare Charlie. Ma qui scatta anche il problema giuridico, spiega Connie: «Ho passato intere nottate sul web a mandare mail agli specialisti di tutto il mondo. Ma quando abbiamo detto ai medici del Great Ormond Street Hospital che negli Stati Uniti esisteva un terapia, loro hanno chiesto al tribunale di revocarci la patria potestà».
In merito al caso di Charlie Gard l’Italia intera continua ad essere colpita dalla vicenda, dalle polemiche e dalla complessità di temi in campo per questa triste storia che arriva dall’Inghilterra. In questo senso, la Chiesa continua nel suo ruolo di “moral suasion” a livello internazionale, anche a poche ore dalla nuova e forse decisiva udienza all’Alta Corte di Londra: interviene l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, che durante la celebrazione eucaristica in città per la solennità dei Santi Martiri patroni di Udine, si espone. «Abbiamo bisogno anche qui da noi di nuovi martiri perché spesso le parole del Vangelo non sono più capite e accettate dalla mentalità comune. La straziante vicenda del piccolo Charlie Gard ne è un triste esempio», spiega il presule friulano, che poi prosegue nella sua considerazione sul caso del piccolo bimbo inglese.
«La vita e la morte di questo indifeso cucciolo d’uomo dipendono dalla decisione di un giudice e dal parere di un’équipe medica con i genitori ridotti all’impotenza nonostante il sostegno di altri qualificati sanitari e di tantissime persone in tutto il mondo», ha concluso l’arcivescovo nell’omelia riportata dall’AgenSir.
Abbiamo raccontato ieri la storia di Noemi, la piccola di 5 anni che come Charlie Gard le era stato diagnosticato che non avrebbe potuto vivere attaccata alle macchine e che quindi sarebbe stato accanimento terapeutico farla continuare a vivere senza staccare la spina. Ebbene, oggi il papà di Noemi ha scritto una lettera al quotidiano Avvenire per esprimere ancora meglio quanto uscito in questi giorni sulla storia della sua piccola figlia, del bimbo Charlie e della complessa vicenda di eutanasia e accanimento terapeutico. Noemi, come Charlie, è divenuta molto famosa per la sua battaglia per la vita: con il progetto Noemi Onlus in questi anni l’associazione nata a suo nome si è occupata di sostenere cure e assistenza ai pazienti con malattie gravi, aiutando anche la famiglia nell’accompagnamento difficile ad una sfida e richiesta così apparentemente “disumana”. «La vicenda di nostra figlia si intreccia con quella di Charlie Gard. Ci rivediamo molto in questo dramma: anche noi abbiamo vissuto momenti terribili, avevamo davanti il buio e la mancanza di speranza. A Noemi, quando è nata, diedero infatti tre mesi appena di vita, ma decidemmo di permetterle di andare avanti fino a quando sarebbe stato possibile, anche se “attaccata a macchinari”.
E oggi in casa di macchinari ne abbiamo dieci, con poca assistenza e supporto», scrive papà Andrea Sciarretta. Non c’era speranza per i medici, ma per Noemi sì e oggi vive e dipinge quadri che quegli stessi medici chiedono di continuo perché sbalorditi dal miracolo della vita di quella piccola bimba. «Il mio messaggio di padre è insomma chiaro: nessuno si erga a giudice, nessuno si permetta di strumentalizzare e ideologizzare vicende così intime e delicate. I genitori devono essere libere di decidere in dialogo e alleanza coi medici. E chi fa le leggi deve rispettare e rendere possibile questa condizione di libertà e di collaborazione. Perché se c’è una speranza, vale la pena di percorrerla fino in fondo».
Mentre si attende con ansia quanto potrà avvenire domani all’Alta Corte inglese che dovrà sostanzialmente decidere cosa ne sarà dell’immediato futuro di Charlie Gard, emergono alcuni dettagli su chi compone l’aula dove la sentenza verrà probabilmente o confermata o ribaltata già domani. Si chiama Victoria Butler-Cole, ha 39 anni, e difende gli interessi del GOSH, l’ospedale inglese. Nel dibattito di lunedì scorso ha in maniere veemente obiettato alle proposte dei genitori di Charlie che “il protocollo presentato dal Bambino Gesù non sono nuove cure sperimentali” e che dunque il giudice non doveva ascoltare e cambiare la sentenza iniziale. Ebbene, come riporta il Times, questo è lo stesso avvocato che ha richiesto e ottenuto per un uomo, veterano di guerra nel Golfo, che potesse essere trasferito in un ospedale dove venissero tolti idratazione e nutrizione, curato solo con metodi palliativi fino alla morte.
«È la prima volta che un tribunale ha deciso che il cibo e l’acqua venissero prelevati da un paziente clinicamente stabile», scrive oggi il Times. Come riportano poi l’associazione italiana delle Sentinelle in Piedi in queste ore, quell’avvocatessa è la stessa che oggi “difende” gli interessi di Charlie contro i suoi genitori, provando a dimostrare che l’unica vera cura è quella di togliere alimentazione e idratazione per non farlo soffrire.
Charlie Gard, altri due giorni di vita: l’epilogo della vicenda dovrebbe arrivare giovedì, ovvero domani, dopo che due giorni fa si era preparati ad essere quella decisiva per staccare o meno la spina dei macchinari cui è attaccato il piccolo bimbo inglese. Così non è stato, tanto, se non quasi tutto, per responsabilità del giudice Nicholas Francis, detto “Mr Justice” dai media Uk. Non era convinto né da una posizione, quella dei genitori di Charlie, né dall’altra, quella propinata dall’ospedale inglese Great Ormond Street Hospital. «Convincetemi che ha senso quella cura sperimentale e lo salvo», si potrebbe riassumere così il senso di quanto detto e fatto ieri dal giudice dell’Alta Corte inglese. In aula i legali del GOSH hanno però tentato di screditare le cure sperimentali e il protocollo presentato dall’ospedale Bambino Gesù di Roma, scatenando tra l’altro l’ira dei signori Gard. Secondo i medici, il protocollo “italiano” tratta degli studi di laboratorio mai testati nemmeno sui topi e quindi di nessuna efficacia a livello cerebrale, quello invece di cui avrebbe bisogno il piccolo Charlie per la malattia di cui è affetto.
«La condizione di Charlie – spiega ancora il GOSH in aula – è eccezionalmente rara, con danni cerebrali catastrofici e irreversibili. Il trattamento sarebbe ingiustificato, inutile e prolungherebbe la sofferenza di Charlie. Non si tratta di una questione di denaro o di risorse, ma soltanto di ciò che è giusto per lui». Tutto rinviato al 13 luglio, il giudice non è convinto: nella speranza che, per tutti, si possa arrivare a breve ad una decisione il più possibile vicino e prossimo alla verità di questo caso, finora davvero complessa da sviscerare.
Dopo l’ospedale Bambino Gesù, dopo il Vaticano e la Cei e dopo l’intervento del Governo italiano presso gli omologhi a Londra, ora anche il Consiglio Regionale del Lazio prende le difese del piccolo Charlie Gard. Avviene tutto ieri pomeriggio quando in Regione passa una mozione della capogruppo Lista Storace, Olimpia Tarzia, che in pratica chiedi di adottare misure tempestive per salvare la vita del bimbo inglese. La consigliera del Lazio è anche presidente del Movimento Politica Etica Responsabilità e molto attenta alle tematiche legati alla vita e ai cosiddetti “temi etici”; «la mia mozione impegna la Regione Lazio a sollecitare il Governo affinché adotti tutte le tempestive ed opportune iniziative volte a salvare la vita del piccolo Charlie Gard, compresa quella di poterlo accogliere in strutture ospedaliere ubicate nel Lazio, quale ad esempio il Bambin Gesù, già dichiaratosi disponibile a farlo», racconta ad Askanews la Tarzia, che spiega come lenire il dolore di un bambino non significa indurne la morte. «Charlie non è un malato terminale, non è congruo dunque nel suo caso parlare di accanimento terapeutico. E’ affetto – ricorda la consigliera – da una malattia ad oggi inguaribile, ma non incurabile e curare significa prendersi cura, attraverso un percorso che deve poggiare sull’alleanza terapeutica, sul rapporto di fiducia tra medici e pazienti, che, nel caso di Charlie non si è evidentemente verificato».
Olimpia Tarzia ricorda poi come il caso di Charlie non è decisivo solo per il destino ultimo di questo piccolo bimbo inglese, ma serve da monito per tutti i prossimi casi, sia in Inghilterra sia in tutti gli altri Stati Europei, Italia compresa. «Se si prende la strada della selezione utilitaristica tra gli esseri umani degni di vivere e quelli non degni, se la qualità di vita diventa un sacro totem che prevale sulla vita stessa, se anziché investire nella ricerca della cura delle malattie rare si sceglie di eliminare il malato che ne è affetto, allora si apre uno scenario inquietante che ci prospetta una società in cui il più forte schiaccia il più debole», conclude la politica della Lista Storace in Consiglio Regionale del Lazio.