Una parrocchiana gli confessa di temere che il marito la tradisse, il sacerdote reagisce aggredendo l’uomo: è questa l’accusa contro Massimiliano Pusceddu, ex parroco di Vallermosa. Finito a processo con le accuse di lesioni personali, minacce e porto di pistola, Pusceddu avrebbe colpito con violenti schiaffi il marito (presunto) infedele procurandogli una cervicalgia post traumatica. Per risultare più incisivo agli occhi del marito della parrocchiana, l’ex campione di boxe avrebbe anche estratto una pistola a tamburo, posandola su un tavolino. Da qui la contestazione di minacce e porto di una Smith & Wesson calibro 38. Padre Massimiliano non poteva avere con se quell’arma, perché il porto d’armi per difesa personale gli era stato revocato qualche mese prima. «Sono conosciuto per il mio passato di campione di boxe ma pratico anche altri sport. Compreso il tiro a segno. Quello era semplicemente un permesso per uso sportivo», la spiegazione fornita all’epoca dall’ex parroco. I fatti risalgono infatti al 15 novembre 2014 e don Max, come lo chiamavano i fedeli, si difendeva così: «Sono estraneo a tutte le accuse. Non ho aggredito nessuno, tanto meno ho usato la pistola per fare del male a qualcuno».



Coinvolto anche Efisio Giuseppe Spano, il quale è invece accusato di concorso in lesioni. La vittima dell’aggressione è invece accusata a sua volta di violenza privata: dopo la presunta aggressione, avrebbe impedito l’ingresso nella sua azienda all’ex sacerdote e a Spano impugnando un coltello. Ieri l’accusa ha terminato la “sfilata” di testimoni al processo che si tiene nel tribunale di Cagliari: è stato chiamato il poliziotto intervenuto il giorno della presunta aggressione e l’operaio che chiese l’intervento delle forze dell’ordine.



La prossima udienza si terrà il 15 settembre: non è da escludere, secondo La Nuova Sardegna, che don Massimiliano Pusccedu prenda la parola per difendersi dalle accuse del pm Daniele Caria. L’intero processo comunque è ripreso dalle telecamere della trasmissione televisiva “Un giorno in pretura”.

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