Non licenziato, non cacciato, non silurato, come hanno scritto tutti i giornali. Semplicemente sollevato dall’incarico come vuole la legge ecclesiale al termine del suo mandato di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede che ha una durata di cinque anni. Il cardinale Gerhard Ludwig Müller era infatti stato nominato in tale ruolo il 2 luglio 2012 da papa Benedetto XVI ed è stato sollevato dall’incarico il primo luglio scorso. A lui, oltre che al papa, i famosi quattro cardinali cosiddetti “tradizionalisti” avevano inviato la famosa lettera detta dei “dubia”, alcuni dubbi sul contenuto dell’Amoris letitiae, a cui Francesco non ha mai risposto in modo diretto, ma indiretto, e a cui invece Gerhard Ludwig Müller rispose direttamente nel corso di una intervista concessa al giornale online Il Timone, dimostrandosi in perfetta sintonia con il papa.
Certo, il pontefice avrebbe potuto prolungare il suo incarico, ma non c’è nessuna dietrologia dopo il suo licenziamento a norma di legge ecclesiale. In realtà diversi prefetti come lui erano stati in passato riconfermati, o si dimettevano per questioni di età.
Sembra dunque che il cardinale non abbia preso bene il licenziamento. In una intervista concessa al quotidiano tedesco Passauer Neue Press fra le altre cose dice che il trattamento riservato a lui e ad altri tre ex officiali dell’ex Sant’Uffizio sia stato “inaccettabile”. Parole contro il papa che nessuno oserebbe dire. Aggiungendo: “Non posso accettare questo modo di fare le cose, come vescovo, il papa non può trattare le persone in questo modo”. Ma non era un suo fido sostenitore? O quando si perde il potere, crolla tutto? Non è però la prima volta che il cardinale tedesco si rivolge al papa in modo tutt’altro che lusinghiero: era tra i tredici firmatari nell’ottobre 2015 di una lettera in cui si esprimevamo «preoccupazioni» sulle procedure del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, a giudizio del testo «configurate per facilitare risultati predeterminati su importanti questioni controverse».
Nell’intervista poi sottolinea la differenza di comportamento tra quanto il papa predica sul lavoro e come invece si comporta in Vaticano: «Anche l’insegnamento sociale della Chiesa dev’essere applicato al modo in cui i lavoratori vengono trattati qui in Vaticano». Qualcuno ha insinuato che Bergoglio e l’arcivescovo abbiano avuto un tumultuoso ultimo incontro il 30 giugno, ma lo stesso Muller ha sementito. Dunque? Colpisce che il cardinale si consideri alla stregua di un lavoratore qualunque: non è forse la loro una missione al servizio del bene della Chiesa che dovrebbe guardare al di là degli scatti di carriera o delle cariche manageriali come se si fosse in una qualunque azienda?