È morto a 88 anni nel silenzio più assoluto, Giovanni Franzoni, fino al 1976 prete e abate delle Comunità di Base di sinistra: “un cattolico marginale” si autodefiniva anche in questi anni in cui non era più prete né abate visto che era stato ridotto a stato laicale in seguito alle posizioni e battaglie per l’aborto. Muore uno dei più celebri, almeno nel recente passato, teologici di sinistra che da dentro la Chiesa tentò di portarla ad una rivoluzione interna per cambiarne lo spirito “conservatore”. Aveva 88 anni, favorevole a divorzio e aborto, fu in molte occasioni vicino alle battaglie del Partito Comunista Italiano, amico di Luigi Berlinguer e per questo motivo non esattamente visto di buonissimo occhio all’interno della Chiesa Cattolica: eppure era un abate benedettino nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura di Roma, teologo ascoltato da Papa Paolo VI e storicamente il più giovane prete italiano che abbia partecipato al Concilio Vaticano II.



I motivi per cui nel 1976 arrivò la riduzione a stato laicale furono parecchi, tra cui i più “gravi” l’aver sostenuto che “l’aborto, se esiste, deve essere regolamentato”; per aver fatto campagna elettorale a favore del divorzio e infine per aver denunciato alcune collusioni tra la Chiesa e i poteri forti. Odiava capitalismo e amava i poveri, don Franzoni rese però molto politicizzata la sua predicazione che dopo anni di consigli e tentativi di farlo desistere dalle omelie di fuoco contro tutto e tutti all’interno della Chiesa, la stessa Santa Sede decise di farlo dismettere da sacerdote.



Un cattolico del dissenso per l’appunto, fu comunque tra i primi a vedere il rischio delle ricchezze amministrate a nome della Chiesa, e a ragionare polemicamente sulla funzione di istituzioni di Chiesa, come giustamente riporta oggi l’Avvenire. Nel 1991 aveva sposato una giornalista giapponese, come altro atto di ribellione a quella Chiesa che non aveva mai amato, mentre amava e molto la figura “originaria” di Gesù e il suo messaggio per i poveri.

La sua comunità di Base ha continuato negli anni la celebrazione domenicale e l’azione sociale in un locale della via Ostiense avuto dalla Abbazia di San Paolo: “l’abate rosso” veniva anche chiamato, ora ha finito di lottare e si ritrova nel giudizio e nel destino di una pace eterna come lui stesso si auspicava nella sua ultima autobiografia. «Un cattolico marginale ma nonostante tutto ecclesiale. Arriva l’ora della pace: si chiudono gli occhi, morendo, ma per vedere tutto, e pienamente».