UN ANNO DOPO LA STRAGE DI DACCA: VIAGGIO NELL’ORRORE
Era il primo luglio 2016, quando Dacca fu vittima di una vera e propria strage nella quale rimasero uccise 23 persone, tra cui nove italiani. A mettere in atto il massacro fu un commando di terroristi che combattono in nome dell’Islam più radicale. A distanza di un anno, Fabio Polese per Controstorie, l’inserto di reportage de Il Giornale si è recato a Gulshan, la zona diplomatica della capitale nella quale avvenne la strage. Dopo i dovuti controlli da parte degli agenti, divenuti ancora più serrati nell’ultimo periodo, il giornalista decide di raggiungere l’Holey Artisan Bakery, il ristorante dove è avvenuto l’orrore islamista, a poca distanza dalle ambasciate italiana e russa. Proprio i diplomatici e gli stranieri erano il bersaglio dei jihadisti. Sono i primi rappresentanti della stampa ad avere accesso nel luogo del massacro, sebbene non abbiano le autorizzazioni per effettuare riprese video o foto. Poi, proprio in quel luogo, i ricordi tornano a galla, a quel venerdì sera, 1 luglio 2016. Un giorno qualunque per i numerosi uomini d’affari ma trasformatosi in un inferno quando i terroristi, intorno alle 21:00, fecero irruzione seminando panico e morte. Vogliono sapere chi sono gli stranieri, gli “infedeli”, e per farlo chiedono di recitare il Corano. A chi non lo conosce viene riservata una fine crudele a base di torture e morte. A nulla sarebbe servita l’intermediazione delle forze speciali. Quando la polizia fece irruzione nel locale, fu l’inizio della strage che portò alla morte di 23 innocenti, tra cui 9 connazionali, 10 se si considera il bambino che Simona Monti, una delle vittime, portava in grembo.
INDAGINI ANCORA IN CORSO: LA PAURA DEI CATTOLICI
Il ristorante nel quale ebbe luogo la strage di Dacca, a distanza di un anno mantiene intatti i segni dell’orrore, quei fori di proiettili che spezzarono la vita di poveri innocenti in un venerdì sera qualunque, in un luogo di svago, dove fino a quel giorno si respirava l’odore di vita. “Anche io sono musulmano e non riesco a capire tutta questa pazzia”, commenta il proprietario del ristorante che accompagna il giornalista nello straziante viaggio. Fino ad oggi, in merito alla strage compiuta il primo luglio dello scorso anno, sono nove le persone arrestate e considerate collegate al commando di terroristi, 13 invece quelle rimaste uccise, ma le indagini sarebbero ancora in corso. Da allora, però, la vita delle persone nel Paese è notevolmente cambiata. “La tranquillità che c’era prima non c’era più”, commenta un italiano che da anni vive in Bangladesh. Chi è cattolico ha ancora più paura. Basta spostarsi in altre parti del Paese per rendersi conto che il clima non muta affatto. “Dopo l’attentato a Dacca abbiamo molta paura”, ha commentato un giovane missionario messicano. Lo scorso agosto, la sua Chiesa è stata presa d’assalto da un gruppo di persone. Il suo custode lo allertò invitandolo ad uscire per fargli vedere come avevano ridotto la chiesa, ma lui commenta: “E’ già accaduto che i custodi siano usati dai gruppi estremisti per fare uscire il sacerdote per poi aggredirlo o ucciderlo”.
FANATISMO IN CRESCITA: LE AZIONI DELL’ISIS
Un’altra importante testimonianza arriva da padre Lorenzo Valoti, che si occupa dell’orfanotrofio e dei villaggi cristiani del distretto. “Nell’ultimo periodo il fanatismo è in preoccupante crescita”, ha spiegato. In realtà la strage di Dacca è solo l’ultimo tassello di una serie di episodi di sangue avvenuti in Bangladesh negli ultimi due anni e che hanno seminato morti tra i tanti cristiani. Anche un catechista 51enne ha rischiato di morire sgozzato per mano dei terroristi musulmani. Il Bangladesh è un Paese a maggioranza musulmana in cui oltre il 90% delle persone conoscono il Corano. In questo Paese, tuttavia, soprattutto negli ultimi anni l’estremismo islamico sta aumentando soprattutto a causa della guerra in corso all’interno della galassia jihadista. Sia al Qaida che lo Stato Islamico sono interessati a questa area e proprio l’Isis negli anni ha rivendicato molte azioni terroristiche dando vita ad una sorta di folle competizione al massacro. E qui la povertà e l’ignoranza non c’entrano affatto: gran parte dei terroristi derivano dalla borghesia di Dacca, senza alcun problema di natura economica.