LA MADRE DI TRIFONE CHIEDE GIUSTIZIA IN ATTESA DELLA SENTENZA
La pena maggiore nel duplice delitto di Pordenone è quella che i genitori delle due vittime stanno vivendo da oltre due anni. Nell’ultima udienza a carico di Giosuè Ruotolo, c’erano tutti e quattro a farsi forza. La madre di Trifone, come rivela Messaggero Veneto, ai microfoni de La vita in diretta non ha trattenuto le sue emozioni ma ha dichiarato: “Trifone e Teresa ci sono stati consegnati nelle bare. Loro erano un progetto di vita. Deve passare il messaggio che certi crimini vanno puniti severamente. Lo stalking non è uno scherzo, porta alla morte, è un reato gravissimo”. Ora la famiglia Ragone tutta confida che sia fatta piena giustizia per le due giovani vittime e confidano in pene esemplari. Ormai manca sempre meno alla sentenza, appuntamento al quale non mancheranno i genitori della coppia uccisa a colpi di pistola nel parcheggio del Palasport di Pordenone. Intanto non credono ancora una volta alla versione dell’imputato che ha tirato in ballo i due ex coinquilini sulla storia della creazione del profilo Facebook anonimo e per la mamma di Trifone si è trattato solo dell’ennesimo depistaggio messo in atto da Ruotolo: “Lo ha fatto prima, scegliendo un luogo affollato per l’omicidio per non farsi individuare, durante e dopo”. La donna, di contro, crede nella buona fede dei due inquilini anche se, a sua detta, sarebbero comunque stati coinvolti moralmente.
TRIFONE E LA DENUNCIA MAI EFFETTUATA A GIOSUÈ
Dopo un confronto durissimo in aula nel quale Giosuè Ruotolo, presunto assassino di Trifone e Teresa, è stato smentito dai suoi due ex coinquilini, anche Roberta Bruzzone si è espressa. La nota criminologa lo ha fatto tra le pagine dell’ultimo numero di Giallo, dopo aver partecipato all’istruttoria dibattimentale in qualità di consulente tecnico dei genitori di Trifone. “Il quadro probatorio, a mio avviso, ha trovato ampio riscontro durante l’istruttoria dibattimentale”, ha commentato. Poi l’attenzione si è spostata sul possibile movente del duplice delitto di Pordenone avvenuto nel marzo di due anni fa e intravisto dal padre del militare ucciso. Tutto, sempre, avrebbe a che fare con l’azione di stalking messa in atto dall’imputato e che avrebbe indotto Trifone a volerlo denunciare. Purtroppo però, come ricorda la stessa Bruzzone, il giovane pugliese non ha avuto il tempo di mettere in atto la sua denuncia – la cui intenzione l’aveva espressa proprio al padre – poiché messo a tacere da tre colpi di pistola esplosi alle sue spalle a distanza ravvicinata. Anche la criminologa, dunque, ha confermato le intenzioni della vittima: “Sì, Trifone voleva denunciare Giosuè”, ha asserito.
TRIFONE E TERESA, LE TESTIMONIANZE DI SERGIO ROMANO E DANIELE RENNA
Il processo di primo grado sul duplice delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanza è ormai giunto alle sue battute finali. Nel corso del passato appuntamento davanti alla Corte d’Assise di Udine, è andato in scena l’atteso faccia a faccia che ha visto protagonisti Giosuè Ruotolo, unico indagato, ed i due ex coinquilini, Sergio Romano e Daniele Renna. I tre per un periodo di tempo avevano condiviso il medesimo appartamento con Trifone, prima che quest’ultimo decidesse di andare via per convivere con Teresa. Proprio la giovane siciliana, tra il 26 giugno e l’11 luglio 2014 fu destinataria di una chat su Facebook da parte di un utente anonimo, autore di minacce ed offese al solo scopo di screditare l’immagine del fidanzato.
Per gli inquirenti fu proprio quella chat a scatenare una serie di eventi che portarono poi all’uccisione dei due innamorati, la sera del 17 marzo 2015. Lo scorso 31 marzo, a sorpresa Giosuè Ruotolo ammise in aula la paternità del profilo anonimo su Facebook, tirando però in ballo anche i due coinquilini: “Io adesso sto qui davanti a tutti, ma eravamo in tre a pensare e scrivere quelle cose”. Per questo i giudici hanno deciso di vederci chiaro e così si è giunti alla passata udienza nella quale però i due ex coinquilini di Ruotolo hanno ribadito la loro estraneità rispetto ai messaggi inviati a Teresa.
Il primo a prendere la parola è stato Sergio Romano il quale, come spiega Messaggero Veneto nell’edizione online, ha negato di aver partecipato alla creazione del profilo “Anonimo anonimo” ma ha ammesso di aver avuto una volta intenzione di raccontare la verità su Trifone alla ragazza siciliana, avendo il suo numero di telefono. Solo una semplice fantasia, però, della quale rese partecipe anche gli altri inquilini in un suo momento di sfogo. Questi ultimi reagirono con una risata. E’ poi stato il turno di Daniele Renna il quale ha raccontato di non ricordare questa conversazione ma ha rivelato di aver avuto intenzione di installare in casa una telecamera per verificare se Trifone, anche dopo il trasloco, accedesse all’appartamento di nascosto insieme a delle ragazze. “Ma non abbiamo mai voluto fare dispetti né a Teresa né a Trifone”, ha però precisato il giovane. Le domande ai due ragazzi sono proseguite incentrandosi sulla data in cui appresero del profilo Facebook anonimo e sulle loro visite in caserma, alla postazione informativa di Giosuè.
GIOSUÈ RUOTOLO DIFENDE L’EX MARIAROSARIA PATRONE
Proprio il presunto assassino di Trifone e Teresa ha dimostrato una certa agitazione rispetto a quanto asserito dagli ex coinquilini. Quando finalmente gli viene concessa la parola, sotto gli sguardi di Romano, Giosuè diventa un fiume in piena e spiega: “E’ partito tutto dopo il trasloco di Trifone. Uscendo dalla mia stanza avevo sentito che Romano diceva a Renna di contattare Teresa e informarla dei tradimenti subiti da Trifone”. A sua detta, sarebbe stato Romano l’ideatore di tutto. Lui gli avrebbe spiegato come fare e la mattina dopo si sarebbe presentato in caserma spronandolo a mandare i messaggi a Teresa. “Io ho acconsentito”, ha aggiunto. Secondo l’imputato, al primo invio erano presenti tutti e tre. Dei contenuti ne parlavano insieme ma tutti avrebbero avuto accesso al profilo anonimo. Poi però ammette che qualche messaggio potrebbe averlo inviato da solo. Ruotolo è stato quindi incalzato dal pm che ha voluto vederci chiaro anche sul possibile coinvolgimento dell’ex fidanzata Mariarosaria Patrone, ma l’imputato ha smentito categoricamente. “L’ho solo informata, le ho detto che era uno scherzo”, ha aggiunto Giosuè, difendendola con determinazione. Eppure, ci sarebbe una foto che immortalerebbe i due ex fidanzati insieme lo stesso giorno in cui dal profilo Facebook partì un nuovo messaggio a Teresa. Secondo gli avvocati di parte civile, proprio quello scatto confermerebbe il loro sospetto in merito alla presenza di “un’impronta femminile nella creazione del profilo”. Dopo il confronto della passata udienza, la difesa di Ruotolo ha chiosato commentando: “Il confronto ha confermato che Romano e Renna ricordano diverse cose, in modo diverso”.