CALIFFATO: LA POESIA E LA CULTURA NELLE VITE DEI TERRORISTI

Negli ultimi decenni il radicalismo islamico è accresciuto sempre di più ma al tempo stesso non ha trascurato l’amore per la poesia e per la cultura. Un esempio di quanto anche lo Stato Islamico non abbia mai disprezzato la poesia risale al 2014, quando uno studioso del Corano, Turki al Binali, oggi Gran Muftì dello Stato Islamico, in risposta all’ultimatum imposto dal regno del Bahrein ai suoi cittadini che combattevano in Siria e che imponeva un loro imminente ritorno in patria pena la perdita della cittadinanza, replicava sotto forma di poemetto: “Dite loro che ci mettiamo la cittadinanza sotto le scarpe, così come i loro decreti reali”. La Rete è diventata custode di elegie in onore dei terroristi ed allo stesso tempo invettive contro i nemici. E’ stato così che anche la poesia ha conquistato foreign fighter, uomini dal cuore duro per antonomasia ma che si sono fatti travolgere dai versi messi online da Abu Yahya, all’anagrafe John Georgelas, le cui storie illuminanti sono finite nel libro di Graeme Wood dal titolo The Way of the Strangers e nel quale l’autore si domanda cosa realmente voglia l’Isis. Nel testo viene ripercorsa la vita di Georgelas, ultimo discendente di una famiglia americana di origine greca e che da nerd si è trasformato in lupo diventando una delle maggiori menti della propaganda di Raqqa rispettato al punto da spingere lo stesso Baghdadi a dichiarare il Califfato.



LE OPERAZIONI CULTURALI DEL GOVERNO DI BAGHDADI

L’operato del texano che lungo i deserti di Iraq e Siria si è poi dedicato allo studio dei testi arabi classici, trova pieno compimento nelle varie operazioni culturali messe in atto dal governo di Baghdadi tra cui spicca su tutte un paradosso del Califfato, ovvero quello di censurare il + matematico che evocherebbe la croce cristiana con una z. Altra contraddizione è stata rappresentata dalla pubblicazione online della raccolta di poesie dal titolo La Fiamma della Verità, opera prima della siriana Ahlam al Nasr. A sorprendere, come spiega il quotidiano La Stampa, è proprio la presenza di una donna nell’élite culturale dell’Isis. Tra le strade di Raqqa vigila una polizia della morale caratterizzata dal gentil sesso, ma la guerra messa in atto dall’Isis non si svolge solo vicino al campo di battaglia, trovando spazio nel resto del mondo. E’ qui che i seguaci convinti dell’Isis discutono di terrorismo ed altri temi caldi senza lasciarsi offendere dalla parola “terrorista” che gli stessi citano dal Corano. L’idea di una imminente fine di Baghdadi non spaventa poiché secondo i teologi dello Stato Islamico lui rappresenterebbe l’ottavo califfo e la sua dipartita andrebbe solo ad accorciare la distanza relativa alla battaglia per la fine del mondo.

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